-A destra la copertina del libro -
Per sempre
Senza il passato, l’unico capace di dare un freno al suo assalto, il dolore morde la mia terra, generando solstizi ed eclissi. Tenace, come una corona di spine che trafigge la mente, si conficca e rimane nelle tempie generando una stasi senza eguali.
Ho perduto in un antico tempio il gioiello più caro, la pietra preziosa, il diadema dell’anima.
Quello che ero si è volatilizzato nel presente, nel percorso delle sue spalle che si allontanano senza dare alcun senso alla fuga.
Piccola, quasi come un colaticcio di cera davanti al focolare, le mie dita si soffermano, accolgono il calore.
Senza il passato, l’unico capace di dare un freno al suo assalto, il dolore morde la mia terra, generando solstizi ed eclissi. Tenace, come una corona di spine che trafigge la mente, si conficca e rimane nelle tempie generando una stasi senza eguali.
Ho perduto in un antico tempio il gioiello più caro, la pietra preziosa, il diadema dell’anima.
Quello che ero si è volatilizzato nel presente, nel percorso delle sue spalle che si allontanano senza dare alcun senso alla fuga.
Piccola, quasi come un colaticcio di cera davanti al focolare, le mie dita si soffermano, accolgono il calore.
Esso non oltrepassa la pelle, non si dirige verso il cuore, rimane fermo nei tendini, impietoso li riscalda, li abbatte nella fermezza fino a farli allontanare.
Neanche il caldo lo soddisfa, quello che il dolore chiede ed anela è custodito nelle profondità dei mari, nel relitto disperso, nella sabbia che si posa sui coralli, nel sogno che si schiude all’alba, nella notte nata per dare forma all’anelata sua bocca.
È un fazzoletto ricamato dal sudore, un albero sradicato dalla foresta, una fonte di ebano…nera, una pece che si attacca a quello che resta dello spirito.
Spirito che tenta di abbeverarsi alla fonte della quiete senza riuscirvi. Quando afferra e stringe la gola, confinando in essa ogni sussulto di terrore, confinando grida che mai suoneranno, rinchiuse nella caverna dell’ugola ferma, solo allora si riesce a vedere l’immensa distesa di rovine che esso lascia al suo passaggio.
A lungo ho implorato pietà, l’unica che io aneli, l’unico sussulto per le mia fragili mani, l’unica speranza che liberi il pregiudizio dal mio volto.
Quante volte l’ho amato e quante volte lui stesso ha sospirato emozioni e passione trattenendo le mani, con sapiente dolcezza, lungo la schiena.
Quante dimensioni si sono aperte nei suoi baci fallaci, nella pozione di amore e tradimento che mi donava senza ritegno, nella pudica aspirazione delle mie braccia che tentavano di trattenere qualcosa di irreale.
Ed ogni giorno, quando la luce del sole mi carezzerà al risveglio e quando la notte mi coprirà con le sue coperte di stelle, avrò ancora la sua immagine nei pensieri.
Non posso o non voglio dimenticarlo è questo il mio incomprensibile destino o la mia ricercata infelicità? La risposta non segue alcun ragionamento ma si lega alla follia e come si stringe ad essa così si ritrae per fuggire lontano, una insostenibile corsa di chi parte e ritorna sempre allo stesso punto di partenza.
Lo so…egli è vendicativo e malgrado sia sazio ha ancora i denti impressi nella mia carne…ed io lascerò che lì rimangano…per sempre.
Neanche il caldo lo soddisfa, quello che il dolore chiede ed anela è custodito nelle profondità dei mari, nel relitto disperso, nella sabbia che si posa sui coralli, nel sogno che si schiude all’alba, nella notte nata per dare forma all’anelata sua bocca.
È un fazzoletto ricamato dal sudore, un albero sradicato dalla foresta, una fonte di ebano…nera, una pece che si attacca a quello che resta dello spirito.
Spirito che tenta di abbeverarsi alla fonte della quiete senza riuscirvi. Quando afferra e stringe la gola, confinando in essa ogni sussulto di terrore, confinando grida che mai suoneranno, rinchiuse nella caverna dell’ugola ferma, solo allora si riesce a vedere l’immensa distesa di rovine che esso lascia al suo passaggio.
A lungo ho implorato pietà, l’unica che io aneli, l’unico sussulto per le mia fragili mani, l’unica speranza che liberi il pregiudizio dal mio volto.
Quante volte l’ho amato e quante volte lui stesso ha sospirato emozioni e passione trattenendo le mani, con sapiente dolcezza, lungo la schiena.
Quante dimensioni si sono aperte nei suoi baci fallaci, nella pozione di amore e tradimento che mi donava senza ritegno, nella pudica aspirazione delle mie braccia che tentavano di trattenere qualcosa di irreale.
Ed ogni giorno, quando la luce del sole mi carezzerà al risveglio e quando la notte mi coprirà con le sue coperte di stelle, avrò ancora la sua immagine nei pensieri.
Non posso o non voglio dimenticarlo è questo il mio incomprensibile destino o la mia ricercata infelicità? La risposta non segue alcun ragionamento ma si lega alla follia e come si stringe ad essa così si ritrae per fuggire lontano, una insostenibile corsa di chi parte e ritorna sempre allo stesso punto di partenza.
Lo so…egli è vendicativo e malgrado sia sazio ha ancora i denti impressi nella mia carne…ed io lascerò che lì rimangano…per sempre.