‘’Le
emozioni si infilano nella pelle e creano la tensione nei muscoli senza bisogno
di scosse elettriche’’.
Bastevole questa riflessione a dare la gradazione del
sentire, nello scrivere dell’Autrice, della capacità di farsi largo nelle
pieghe dell’anima. La sua.
Dei protagonisti descritti senza alcun bisogno di
dar loro connotazione anagrafica. Tanto chiara è la descrizione.
I monologhi
solo per forma attengono al termine; sono, invero dialoghi con chi ha la
fortuna di tuffarsi nell’esposizione/racconto di analisi, riscontri, accuse,
denunce.
L’amore
descritto, senza l’utilizzo di tomografia, è l’amore messo all’indice, al
bando, l’amore che s’infetta del suo opposto (la violenza verbale, fisica,
psicologica).
Tra le parole però emerge possente con la sua degna veste
l’Amore. Verso il compagno/a, verso gli indifesi, i bambini.
Il monologo
acquista spessore di denuncia da sottoscrivere, da condividere, da far propria
sino a divenire nuova coscienza.
La strage di Capaci. Chabra el Chatila,
Marcinelle.
Il monologo
perde via via anche la veste di racconto per divenire notizia, ‘’pezzo’’
giornalistico. Afferra e stringe la mano del lettore divenendo Virgilio moderno
e distante, guidando a osservare con attenzione e partecipazione, passo dopo
passo, il percorso che conduce a riempirsi.
Non gli occhi. Non solo gli occhi.
Non la curiosità. Non solo la curiosità. L’anima, appunto. La propria.
Svelandole un altro modo di vedere in sé i possibili e nefasti segnali di
ottuso egoismo, di cecità.
L’amore
tossico pervade molte riflessioni de L’ultima luna. L’esperienza professionale
dell’Autrice accompagna i convincimenti espressi. La cultura e l’innata
dimestichezza dialettica perfezionano la forma e il messaggio è invito, accusa,
lectio, carezza, polso deciso. Guerriera a difesa dell’amore vero: da vivere
mano nella mano, seduti in riva al mare. Comunando emozioni e sentire. Con
passione. Avendo sposo necessario il desiderio. Condiviso.
La mitologia
ripresa e riletta e proposta, adeguata alla riflessione, carezza senza sfoggio
né saccenza, proiettando luci vivide e attinenti e solleva, allieta l’anima.
Del lettore. Della lettrice.
Persino la
morte è rivestita. Nella sua consistenza immutabile se non nelle modalità che
di essa mostra la vita. Appunto perché la morte è uno step dell’esistenza.
Inderogabile. Atroce ma porta d’accesso all’altra dimensione. Le riflessioni
sminuiscono davvero e doverosamente le preoccupazioni quotidiane di chi vive
solo del suo giardino.
Ho avuto il
piacere di presentare in anteprima questo libro in radio.
Per poi compiacermi
dell’amicizia dell’Autrice.
Un privilegio.