Maria Giovanna Prudente parla de: "Il diario segreto di Giulietta"

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Maria Giovanna Prudente


















La tormentata storia di Giulietta e Romeo, così come noi la conosciamo, si colloca  a Verona nel 1303, quando la città era governata da una famiglia di ricchi mercanti, la Signoria degli Scaligeri . Quello proposto dall’Avv. e scrittrice Emanuela Sica si pone quale intensa rivisitazione che consente di dedicare il nostro interesse a diversi temi. Primo fra tutti, la cristianità di Giulietta ed il suo triste fato: quello di essere venduta come schiava. Infatti, la nave che la trasportava si sarebbe arenata a Nonza, precisamente a Capo Corso, ed è lì che, contrariamente alla fede, sarebbe stata prima torturata, poi crocifissa.

La mia riflessione si poggia su due ordini di considerazioni che, il più delle volte, soprattutto sotto un profilo storico, oltre che socioculturale, tendono spesso ad incrociarsi ed anche a sovrapporsi: la donna nel panorama  religioso e giuridico letterario, fino a giungere al suo, sempre più complesso, ruolo nella società, nella vita, nel mondo. Tematiche queste, da sempre dibattute e sulle quali ancora oggi si discute in molteplici caratterizzazioni: quella letteraria, come in questo caso, quella teologica, antropologica sociale, politica, giuridica.

Negli ultimi decenni, infatti, le discipline storico-religiose e teologiche hanno notevolmente approfondito la conoscenza del ruolo della donna nelle diverse religioni. Un ruolo, occorre sottolinearlo, strettamente legato alle differenze peculiari che distinguono i generi e che rimandano innanzitutto al tema della corporeità terrena nella sua relazione con il divino. È sufficiente ripensare, per esempio, alle diverse culture matriarcali dell’antichità per cogliere quale dato di maggior rilievo la sacralizzazione della fertilità e del potere femminile come differenza specifica rispetto alle forme maschili del potere ordinativo.

In tal senso, nei versi di Emanuela Sica si respira l’intensità di questa antica storia, soprattutto attraverso le significative parole di Giuli(ett)a. Giulietta che è insieme amore, fede, speranza, coraggio, ribellione. Ma non è la sola, nella storia tanto quanto nella letteratura. Sicuramente, essa incarna - e rappresenta - la donna ribelle per antonomasia, non solo tra le opere di Shakespeare, ma nella letteratura in generale. Infatti, è la donna ribelle che svolge un ruolo attivo nella storia rifiutando le convenzioni cortesi che assoggettavano la donna alle volontà della famiglia. Personaggio chiave, complesso ed emblematico che, non a caso, ha ispirato - ed ispira - la penna di molti scrittori, e non solo. Notevoli i riscontri ed i parallelismi con la letteratura, da quella greca a quella più contemporanea del ‘900. In particolare, in Giulietta riscontro molti degli aspetti di un’altra donna, la cui ribellione emerge inequivocabilmente dalle sue parole e dai suoi gesti. E’ Desdemona, altra eroina shakespeariana che incarna rappresenta una donna del diciassettesimo secolo che supera le norme di moralità  fissate per una donna veneziana di quel tempo.

Infatti, quando Desdemona lascia la casa di suo padre Brabanzio per sposare Otello (il moro di Venezia), compie il primo passo per la ridefinizione del suo ruolo come donna all’interno della società. Desdemona, invece di chiedere a suo padre il permesso per sposare Otello, decide per conto suo. Sembra come se stesse rompendo con la rigidità impostale dal padre.

Negando a suo padre ogni diritto nella scelta o concessione per quanto riguarda il matrimonio con il moro, sceglie l'uomo che vuole sposare: e non avverte la necessità circa l'intervento del padre nella loro relazione. Questo atto di profonda indipendenza della donna strappa via le barriere tra i sessi della società patriarcale veneziana e costituisce una minaccia per l'autorità maschile.

L'altro aspetto dell'ammutinamento di Desdemona è nell'incrocio di ‘’ razze’’ che avviene nel suo matrimonio con Otello. La scelta del proprio compagno effettuata da Desdemona, quindi, è deviante rispetto al ruolo in cui la società veneziana vorrebbe collocarla. Tale ruolo emerge chiaramente quando Jago parla con Brabanzio instillando, nella mente di quest'ultimo, idee riguardo ad un comportamento impuro da parte di sua figlia e della perdita dell'autorità paterna.

Pertanto, i mutamenti della condizione di vita femminile, la conquista della parità formale con gli uomini, non hanno ancora cancellato la plurimillenaria forma mentis discriminatoria, per cui comprenderne le ragioni di fondo può far sì che la trama delle disuguaglianze possa, nel tempo, sciogliere i propri nodi.

Come lei, Giulietta e le - tante -  le figure femminili presenti nell’ampio panorama letterario che testimoniano la complessità di vivere e farsi strada in un mondo maschile, stereotipato, ancorato a vincoli, tradizioni e vessazioni  in cui emerge in contrasto il modo prepotente e preponderante il coraggio femminile di dover lottare contro bigotte convenzioni. Nel poemetto di Emanuela emerge l’eterna coesistenza tra amore e destino. Troviamo, da un lato, una Giulietta che è una donna - non una fanciulla come la descriveva Shakespeare -: è pronta per amare in quanto perfettamente  perfettamente consapevole dei suoi sentimenti, mentre dall’altro,  un fato avverso, malvagio, violento, incurante di un sentimento puro e nobile quale l’amore.  E’ così che interpreto ‘’Il diario segreto di Giulietta’’: una donna che parla al suo cuore in segreto, quasi sussurrando i suoi sentimenti, quasi col timore che qualcuno l’ascolti e che carpisca i segreti più remoti e e delicati e profondi che suggella nel suo cuore. Un cuore che vuole essere libero di amare, di svelare la sua natura di donna, senza paura delle aspettative, delle convenzioni, delle limitazioni che la famiglia e la società le impongono. Senza di esse, infatti, sarebbe stata libera di sposare il suo Romeo, sarebbe stata libera di vivere appieno la sua vita, sarebbe stata libera di decidere.

 ’Io amo l’amore./Pegno di purezza desidero trovare/in altro cuore pulsante come il mio./Di romantica passione ricamo i miei sogni/senza altro mirare/né casati né denari’’ -  E’ Giulietta a parlare e lo fa in prima persona, non in terza come riportava Shakespeare nei versi originali dell’opera.

Giulietta parla al suo cuore attraverso i versi di Emanuela. Ogni singola parola, per me,  rappresenta un nucleo tematico, una metafora della vita e dell’esistenza umana; ogni singola parola assume un significato allegorico, quasi didascalico. Ogni parola cesella il casto significato del verbo ‘’amare’’ in tutte le sue declinazioni. Il cuore di Giulietta è un prisma attraverso il quale vengono in luce  molte sfaccettature: primo fra tutti, il dovere verso la sua famiglia e verso quelle convenzioni sociali che contrastano con il suo spirito, con il suo voler essere semplicemente una donna libera di scegliere chi amare  e cosa fare della propria vita. Sono pensieri pericolosi, ribelli. Guai a pronunciarli ad alta voce, tanto da indurre la giovane a tenerli per sé e a confidarli al suo ‘’diario segreto’’, al suo cuore. Le parole di Giulietta, sono accese, vibranti, celebrano la vita e l’amore nonostante il fato. Essa incarna la spiritualità, un amore che, essendo vita, vince la morte.

- Ma se provassimo ad immaginare Giulietta oggi? Come e quanto si è evoluto il ruolo della donna oggi? Tutti i suoi sforzi per l’emancipazione sono effettivamente valsi a qualcosa? La legge italiana tutela completamente la donna, sotto il profilo formale e sostanziale? Quali le prospettive future?

Il presupposto su cui si basa l’Articolo 37 della Costituzione è che le donne e i minori siano categorie più deboli e quindi debbano essere particolarmente protette. In particolare, al comma 1, l’Articolo 1 sancisce la parità tra lavoratori e lavoratrici: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”

Di conseguenza, con la legge n. 903/1977 sono state introdotte: 1) La parità di retribuzione, quando le prestazioni siano di pari quantità e qualità; 2) La parità di progressione nella carriera; 3) La parità di diritti in merito all’assunzione degli oneri famigliari, mentre con il decreto legislativo n. 5/2010, si vieta “qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione, indipendentemente alle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”.

Ai commi 2 e 3,  l’Articolo 37 della Costituzione si occupa invece del lavoro minorile: “La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato” e prosegue affermando che “La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.

L’excursus giuridico, naturalmente, è ben più articolato e complesso di quello sopra riportato. Tuttavia, per sintetizzare, è possibile constatare che gli obiettivi conquistati dalle donne sono stati grandi, ma il percorso verso la parità è ancora lungo, specialmente in ambito professionale.

- Come promuovere, dunque,  il cambiamento per l’emancipazione?

Sul punto, servirebbe un duplice sostegno a favore della parità, principalmente nell’ambito del lavoro, della famiglia e della violenza di genere: da una parte sono necessarie riforme e regolamentazioni strutturali; dall’altra è importante promuovere un cambio di mentalità.

Il concetto di parità andrebbe impartito nei luoghi dell’educazione fin dalla prima infanzia, trasmettendo quell’arricchimento che deriva dalle diversità di ognuno, presupposto questo da rispettare e da valorizzare.

Per consentire alle donne di sviluppare la propria carriera professionale al pari degli uomini, inoltre,  servono maggiori servizi dedicati ai bambini e alle famiglie a prezzi accessibili, oltre che un contributo maggiore da parte dei padri, che dovrebbero poter usufruire di un congedo parentale simile a quello della madre. Per quanto riguarda le violenze, dovrebbero essere condannate in qualsiasi caso con pene più aspre.

Molte le tutele che la nostra legge, da sempre in evoluzione sino ad oggi, riconosce ed attribuisce alle donne attraverso una tutela dinamica, concreta, piena ed effettiva alla donna, anche se la strada da percorrersi è ancora lunga e quasi sempre in salita, come dimostra il quotidiano ed aspro tema del perpetrarsi delle violenze nei confronti delle donne.

E qui, a distanza di secoli, il tema di Giulietta torna imponente, quasi come un ricorso storica, e si fa strada con una domanda che, sul punto definirei quasi retorica, parafrasando l’auspicio di  Emanuela nei versi finali del poemetto: ‘’Sarà possibile non morire per amare?’’

E’ questo ‘invito che, personalmente, rivolgo a tutte le donne presenti qui oggi: siate orgogliose di essere donne ma, soprattutto, siate libere di esserlo!


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