PERCHE'...


Fiume affamato di amanti affonda, ti prego, nel mio sangue caldo. Spezza le transenne silenziose, scopri il margine estremo della fuga. Togli la maschera del suo amore deserto. Fuori si addormenta un corpo vinto, stanco. Hai generato un solo attimo di tregua. Una pausa sottile e fendente. Lui mi ha piegato, recidendo i fili che mi tenevano sospesa ed al contatto col terreno le membra hanno avuto un sussulto. Estasi che si fonde in piccole gocce di rugiada. Perle che si legano alla carne generando acuti ed indefiniti lamenti. Forse pensieri senza padrone, forse parole da non dire né sussurrare. L'oscurità prolunga le sue mani costringendomi ad una fuga senza meta. Mi graffia una pioggia di vetri. Ho vissuto nel lamento di una calda menzogna, rinchiusa in un laconico tormento.
Io sono quella goccia, caduta nel tuo bicchiere già vuoto. Scivolo e prendo la forma del cristallo, mentre mi risucchi nella tua bocca vorace. Un sorso e scompaio. Tutto è pieno di una consapevolezza devastante mentre io separo il pudore dall'inaridito, sedando lacrime nostalgia pietà, raccogliendo solo sogni smarriti. Con le parole laceri la pelle, la carne: lance che trafiggono e tramortiscono quello che resta di una donna incredula. Hai creato la prigione di ferro che violenta ogni possibilità di fuga. Il mio corpo anela un margine estremo di silenzio. Non voglio voci, ma pensieri che parlano, che raccontano una vita, disegnandola nei tratti più autentici disseminando attimi di pace senza far tremare le corde vocali. Non voglio voci nè sussurri, vorrei sentire quello che me stessa dice al cuore, quello che l’anima trasfonde nella testa, quello che la testa genera ragionando. Nessun rumore nessuna distrazione. Ho parlato senza capire, senza dirmi niente, generando solo domande ma senza giungere ad una risposta. Quello che ne è generato diventa sale sulle mie ferite. Troppo profondi sono i tagli, il tempo non potrà ricucirli. Cerco di raccogliere un filo da una assurda consapevolezza. Non riuscirò a legare mai più l’amore  ai lembi distrutti del mio cuore. Devo tacere e dimenticare. Non si può trovare tutto nel niente. Non hai colpa se ti ho amato troppo, non hai colpa se non l'hai capito.
Come una danza struggente, ritmata e crudele, parli e mi convinci di essere poco o niente. La tua voce naufraga, impietosa, nelle mie vene. Parli come un vagabondo disinvolto e chiudi gli occhi. Le frasi fatte non richiedono dignità.
Quella sono io, ripiegata a raccogliere i pezzi, continuo a ferirmi. Perché? Dovevo capirlo. Perché? La solitudine me l'hai sputata addosso. Perché? Scalza su un pavimento rovente cerco il calore che non mi hai mai dato. Perché? Tremo e mi divora la sconfitta. Perché? Ti ho perso senza averti mai trovato.

Eppure so bene cos'è la mia vita


Ogni giorno sei, silenzioso e desideroso visitatore dei miei pensieri. Ogni notte ti trattengo nei ricordi, annodando fili multicolori per non lasciarti fuggire con ali spiegate, alle prime luci del mattino. 
Ogni istante mi nutro delle tue carezze che non lasciano il segno e vorrei poter stendere le mie braccia intorno al tuo collo sinuoso ma so che non ti tratterrei a lungo: non esisti. 
Li dove finisce il cielo, nelle pieghe setose del vecchio glicine, quando il vento ha rigirato le foglie più tenui, la sembra finire il mio mondo irreale. La pioggia improvvisa denuda la mia essenza e tu puoi vedermi piangere là sporgendomi alla finestra, le mani lungo le fronde in movimento, il corpo proteso verso il cortile disabitato, un attimo di quiete se solo potessi lasciare questo pavimento. E tu, senza far rumore, lentamente ti siedi, rannicchiato tra le siepi odorose di alloro, lanciando qualche nota indefinita, cerchi nel mio sguardo la risposta che la paura trattiene a forza nella gola. 
Ora, mentre la nebbia risale lungo le strade morte, sento i passi di un cavallo che irrompe nella corrente dei pensieri uccisi dalla tristezza. 
Ogni attimo si tramuta in agonia ed ogni gioia viene divorata da quelle labbra fredde. 
Le mie parole cadono nel plenilunio e ti toccano appena. Vorrei portarti lungo le strade della  montagna per poter cogliere le castagne, rivestirmi di legna e lasciarmi bruciare di soli baci. Vorrei prendere la notte e stringerla nelle mie dita, tentando di non farle troppo male, sussurrando di poter vivere ancora un'ora, minuto, secondo prima di chiudere quella trappola atroce fatta di noce levigata. Avida, trangugio questo dolore mentre i tuoi occhi viaggiano verso la nebbiosa palude dei miei pensieri. La tua ombra mi spia e mi segue senza sosta ed ogni domanda rimane senza risposta. Per questo sei l’essenza della mia sete e non ho come saziarla. Non riesco, in alcun modo, a recidere questo legame se finanche la mia pelle, i miei muscoli, le mie ossa, le mie cellule ancora in mitosi, hanno un’ estrema sete di te. Il corpo mi divora e mi trattiene in questa corsa. Cerco la tua anima ed in essa si tramuta in grido la mia nenia notturna. Infinitamente ti cerco ed in te annego inutilmente. Vorrei poter respirare a lungo, continuare a sentire ed avvertire la tua laconica presenza. Legarmi al tuo corpo, viverti infinitamente, dissetarmi e lasciarmi prendere ancora dalla sete e come di fronte ad una sorgente o ad un miraggio nel deserto, inebriare il corpo e la pelle al contatto con l’acqua limpida, imprigionando nei ricordi l’essenza dell’ aria che si libera dalle tue narici. Se solo tu riuscissi a vedere quello che io vedo, sentire quello che io sento, scoprire le meraviglie che io scopro, avvertire le sensazioni indefinite che io avverto, tutto quello che avrei da dire sarebbero solo poche parole e tu scriveresti poemi solo sfogliando le pagine del mio cuore. La mia anima viaggia alla ricerca di un tuo cenno e segue una musica che non suona note soavi ma disegna armonie grevi e paurose. 
Nella tua lontananza c’è l’anelito incapace di esistere e di farsi verbo. Il tuo essere è il mio compagno senza abbracci al ritorno. Sogno scosso da venti tiepidi, che mi porta verso l’ incanto innaturale dello spazio, dove ogni cosa sembra fondersi. Dove la mia pelle si stacca dal corpo e ricopre un’ anima stanca e sfinita. Vedo in lontananza il porto dove tue sei arrivato. Brulicante di uomini e donne dei più diversi paesi, lingue che si intersecano in ogni forma e suono. Piccole e grandi architetture risalgono nel cielo immenso. Lasciami così, lasciami le mani sulle tue, lasciami parlare ai tuoi occhi chiusi, mordere per un istante le tue labbra gelide, ancora lo sento il tuo respiro che si posa lungo il mio collo soffocato dal sudore della paura. E mentre qualcosa mi invade senza limiti vorrei poter ricordare.
Eri il mio universo, la mappa delle mie sensazioni, un mondo esplorato ed ancora da scoprire nei tratti delle notti più lunghe, la luce di quella lampada mi lascia solo un chiarore ed il ricordo non passa per le scure chiuse. Ho la testa chiusa in un vortice di fiamme, un pezzo di cuore nelle mani umide, una voglia mai sopita di attirare quell'usignolo e preservarne il canto. Voglia amara, senza ritmo, senza posa, mentre le onde delle nubi di stanotte culla il nostro infinito amore finito sull’asfalto cocente. Il gelo morde ogni indistinta cellula del mio corpo, ma il sole brucia nei campi e cancella il segno dei nostri baci. 
Desidero quella nuvola e la volontà che la sostiene, vorrei sapere il nome di quel batuffolo e perdermi al contatto. Angelo crudele, mi tormenti, e cambi continuamente di posto, non riesco a trovarti da nessuna parte, sei ovunque. La nostra anima apre le braccia e si immola nelle voci e nei pianti notturni, grida senza sosta cercando qualcuno che la conforti. Resto, ma non lo ritengo necessario. Il tempo è mio nemico funesto. Non ho mezzi per fuggire da tutto questo e non so procurarmene di nuovi.
Questo mondo mi annoia, vorrei tanto fuggire e raggiungere il mio più caro compagno, se solo sapessi cosa nasconde il mare, cosa nascondono le nubi grigie e cariche di una notte di tempesta, cosa nasconde il fuoco divampante di mille alberi tremolanti, cosa nasconde la terra umida, cosa si prova a chiudere ogni contatto con il resto del mondo. 
Eppure so bene cos'è la mia vita e perchè voglio combatterla ardentemente.

Il canto delle Muse. I libri del mio tempo

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