sabato 31 marzo 2012

ACCETTA UN CONSIGLIO

Mi sono sempre chiesta a cosa servano i consigli. Il più delle volte non li seguiamo o semplicemente li ignoriamo.

Spesso siamo consapevoli di incorrere nell’errore ancora prima di concepire l’azione eppure cadiamo ugualmente nel tranello dello sbaglio, salvo poi pentirci e rimuginare sul perché non abbiamo desistito. Una volta mi sono fermata ad ascoltare un vecchio che parlava da solo. Il suo cervello abitava dentro un corpo che non gli apparteneva, parlava come se fosse stato un bambino, anche se aveva quasi ottant’anni. Mi sono fermata a pensare come poteva essere stata la sua vita, cosa lo aveva portato a regredire in uno stato di fanciullezza. Un’ipotesi è balenata alla fine. Doveva essere uno dei tanti che aveva preteso troppo dagli altri e poco o quasi niente da se stesso. Essere convinti di aver sempre ragione è un acido corrosivo che, a mano a mano, distrugge la nostra vita e le relazioni consequenziali. Nessuno ha mai completamente ragione, il più delle volte è la percezione delle cose che gioca un ruolo fondamentale. Abbiamo la percezione di essere nel giusto perché ragioniamo dal nostro punto di vista, difficilmente ci compenetriamo nell’animo dell’altro. Costantemente alla ricerca della migliore soluzione per noi stessi, divergiamo o più tristemente passiamo la nostra vita a seguire strade che, spesso, ci portano in una parte del mondo che neanche immaginavamo esistesse. Nessuno sa cosa c’è alla fine della strada ma, allo stesso tempo, nessuno sa quale strada sarà la propria direttrice ideale. Vivere senza pretese e senza prendersi troppo sul serio è una verità quasi assoluta che nessuno comprende veramente se non alla fine dei propri giorni, quando il tempo che resta è solo tempo per sopravvivere. Simili alle formiche ci affanniamo alla ricerca di tutto quello che serve per superare gli inverni della nostra esistenza eppure, se potessimo mitigare la leggerezza della cicala, se fossimo una sintesi di entrambe, alla fine di ogni cosa, avremmo compreso appieno il significato della vita. Qualcuno diceva: goditi potere e bellezza della vita, li capirai sono quando saranno appassiti. Già. Siamo consapevoli di essere soli al mondo eppure viviamo costantemente in competizione con gli altri, ignari che il vero gioco si sviluppa con noi stessi. Dovremmo lasciare da parte l’invidia e concentrarci sulle nostre spinte, su quello che di buono noi riusciamo a creare, nella competizione giornaliera col destino. Guardare sempre al lato o sempre dietro modifica la percezione che abbiamo del mondo. Lo vediamo nemico quando in realtà è soltanto un luogo dove lasciare una traccia per chi verrà dopo di noi e non un terreno di conquista. La vita è una corsa, a volte siamo in testa, a volte ci affatichiamo nelle retrovie, ma quello che siamo non si definisce con un traguardo raggiunto, è qualcosa che prende forma solo nell’identità dell’uomo, non in quello che abbiamo costruito ma in quello che abbiamo condiviso. Si, prendiamo la felicità e facciamone tesoro, ci servirà spesso, come collante con la ragione per i momenti di sconforto. Preoccupiamoci poco del futuro, i veri problemi della vita ci prenderanno, comunque, di sorpresa. Saranno così improvvisi che non ci daranno tempo per pensare. Viviamo il presente con dedizione. Il tempo di oggi non ci verrà restituito domani. Ogni singola ora, ogni singolo respiro, ogni attimo di vita che fuoriesce dai pori, sono figli che escono dal tempio del nostro corpo e non torneranno più indietro. Per questo facciamo tesoro di ogni singolo istante, ognuno di questi sarà utile per farci ritrovare la strada del ritorno. Quando saremo vecchi guarderemo alle foto del nostro passato con occhi appassionati, sicuramente ci vedremo diversi da come ci vediamo ora. Gli occhi parleranno alla nostra più intima essenza, ci daranno la risposta, ci diranno se abbiamo vissuto veramente o semplicemente vegetato. Per questo accetta un consiglio o almeno accetta questo: vivi ora. Il passato rilegalo nei ricordi, il domani resta un mistero incomprensibile che si disvela solo nel momento in cui si realizza, il presente è l’unica certezza che ti rimane, anche se solo per un secondo.

venerdì 30 marzo 2012

L'AMORE CAPOVOLTO



È passata una vita, o un pezzo abbondante della nostra vita, e cerchiamo, magari tentiamo, di esistere ancora.
Non ricordo quando ho smesso di volermi bene, quando ho accettato di interpretare questa parte, quando la maschera che indossavo ha letteralmente scarnificato l’ossatura del mio volto, quando sono diventata tua senza alcuna pretesa. Che strana sensazione non aver orgoglio né pentimento. Prigioniera volontaria nel simulacro del mio corpo, carne assuefatta e drogata dal tuo essere. Siamo biunivoche particelle di una stessa materia. Si attraggono e si allontanano per poi avvicinarsi nuovamente, come in un gioco al massacro ed al perdono, dove la vittima ha sempre lo stesso nome, il mio.
Eppure siamo ancora qui a rincorrerci in un gioco dove tu non hai bisogno di fare tana, tanto io ci sono e ci sarò sempre. Non mi nascondo, mi faccio trovare. Mi lascio prendere e mi lascio abbandonare. E forse è proprio questa estrema libertà di esserci, senza esserci, senza dover esserci - perche non avrebbe alcun senso esserci - che forse ci ha, paradossalmente, permesso di esserci ancora. Non sono capriole di parole.
No, è l’essenza del nostro mondo, di quello che chiamiamo NOI, una volta ogni tanto. Tu non esci da me, entri. Rimani come flusso di sangue. È quel liquido purpureo che mi devasta, che mi rende folle, così folle da amarti tanto, da amare persino il tuo non amore per me. Tu sei la mia malattia. Non esistono trasfusioni per pulire il male che scorre, che piano mi devasta, con sapienza quasi certosina. Non mi uccide, mi lascia in agonia, fino a quando non ci rivediamo. Fino a quando la fusione dei nostri corpi genera il sogno, l’illusione di tenerti tra le braccia e pensare di tenerti nel mio mondo, dove tu sei solo mio ed io non potrei appartenere a nessun altro. In quei momenti, quando le parole si tramutano in sussulti di intensa passione, quando i tuoi occhi fissano i miei senza darmi modo di abbassare lo sguardo, tocco la cima più alta di questo paradiso infernale, quella che mi inebria e mi invade come acqua di mare.
Lo confesso, è questo “non-amore” che mi ha aiutato, che mi ha preso per mano, che ad “amor-vero” mi ha condotto. Ho messo tutto in conto ed il mio cuore trema ad ogni agguato della notte, quando la sfera del sole si addormenta e ritornano gli spettri ad agitare passioni mai sopite, fughe estreme senza ritorno. Non voglio convincerti a provare quello che non senti. Il cuore batte senza bisogno di avere una corda che lo metta in moto. I pensieri vagano e stagnano nella mente senza bisogno di cercare un luogo calmo per decantare. Le emozioni si infilano nella pelle e creano la tensione nei muscoli senza bisogno di scosse elettriche. Tutto nasce spontaneamente e così spontaneamente vorrei che tu capissi, che vedessi quello che hai davanti, che vedessi me, che vedessi i miei occhi, bagnati di lacrime e rimmel, quando lasciano il sentiero di casa tua.
Lo sai, talvolta è bene guardare l'anima allo specchio. Sulla destra vediamo la sinistra e ci sembra solo un gioco di riflessi. Eppure non c'è niente che assomigli di più al tempo, a quel signorile dottore che dispensa cure e condanne per i mali dello spirito e per le pene d'amore. Come la lucida lastra, il tempo ribalta certezze, forse dal dolore pietrificate, forse mai veramente vissute, forse soltanto anelate come oasi d’acqua nel deserto. L'amore capovolto, proprio come in uno specchio, ci potrebbe regalare nuove rifrangenze, non ancora estinte nel profondo del nostro cuore.
I grandi amori vissuti con la carne, con l'anima ridotta in schiavitù, a dispetto del tempo, dei giorni, potrebbero diventare l’unica verità che ancora resiste in questo mondo di menzogne e apparenza. Non ti chiedo altro, ti dico solo di guardarmi. Sono io lo specchio nel quale puoi vedere il tuo riflesso. Guarda quanto amore ho tra le mani, è così grande che basterebbe per entrambi, rifrange quello che tu potresti dare a me, fosse anche solo un pezzettino. Se solo riuscisse a passare lo specchio, potrebbe trovare il punto di crisi, aprire il varco per entrarti nel cuore, in quel tempio inaccessibile in cui vorrei poter guardare, almeno una volta. Se mi lasci entrare potrei seminare il bene che germoglia nella mia anima, lì esploderebbe in una nuova fioritura, diverrebbe la pianta da cui entrambi succhieremo linfa e vita. Capiresti…e forse solo allora proveresti anche tu cosa vuol dire amare un amore capovolto.