lunedì 5 maggio 2025

Misteri - Ianare, Unicorni, Solitudini - Massimo Sensale

Nella Rubrica MISTERI ospitiamo uno scritto di Massimo Sensale - Dalle Memorie di un Aquilone 

Sorvolavo a bassa quota un borgo ai piedi del Monte Partenio, quando mi accorsi che l’aria primaverile era pervasa da un intenso e uniforme profumo di gelsomino. Solo quel borgo e non gli altri intorno né le campagne. Un fenomeno singolare che mi trattenne e mi fece pensare che dovesse celare un mistero. Il sole era tramontato e fluttuavo lentamente di qua e di là nella luce crepuscolare, su vicoli e piazzette, accarezzato da quell’effluvio inebriante.

All’inizio fu quasi impercettibile, meno di un brusio confuso nella voce del vento o nella mia immaginazione. E intorno ebbi sentore di piccole e fugaci luminescenze che sparivano nel momento stesso in cui cercavo di fissarle meglio. Pareva che a dispetto si accendessero per un istante da un lato mentre guardavo dall’altro. Un gioco di apparire e nascondersi per non farmi capire da cosa fossi circondato. E il brusio era un intreccio di fuggevoli voci femminili che dicevano frammenti di frasi che divennero via via più chiari e comprensibili.

… dire meraviglie… nell’aria della notte… perché sembra che tutto faccia se-greto di noi… guarda… gli alberi… gli amanti… se sapessero come… gli amanti potrebbero, se sapessero come… nell’aria della notte dire meraviglie… noi tutto trapassiamo… come l’aria che muta… 

Erano più voci, morbide, suadenti, che mi avvolgevano e brillavano di attimi di luce. E il profumo di gelsomino si faceva ancora più intenso. Perché era il loro profumo.

… tutto cospira a tacere di noi… un po’ come si tace un’onta…

Ma sì, improvvisamente riconobbi quelle parole, era una elegia di Rilke, decostruita in frammenti brevi e ripetuti, che le voci si rimandavano l’una all’altra in contrappunto.

… gli amanti potrebbero, se sapessero come, nell’aria della notte dire meraviglie… solo noi tutto trapassiamo… e tutto cospira a tacere di noi… un po’ come si tace un’onta… un po’ come si tace una speranza ineffabile…

Pian piano quelle voci luminescenti si addensarono in un’unica meravigliosa figura femminile che nuotava sinuosa e inafferrabile intorno al mio volo.

Ebbe finalmente compassione del mio spaesamento e si rivelò.

Sono io, sono la ianara, tutte le voci che sentivi, le luci e i colori che vedevi ero soltanto io. So cosa pensi, hai sempre saputo che le ianare sono esseri mostruosi e crudeli. Streghe che si danno convegno sotto il noce di Benevento. Ma non è così… tutto cospira a tacere di noi… come si tace un’onta… una speranza ineffabile…

Non posso raccontarvi altro, la ianara mi impose il segreto; non posso rischiare, è pur sempre una strega, l’ho capito da certi sguardi di sottile perfidia. Ecco, gli sguardi, a osservarli bene, con rapidissimi mutamenti suscitavano l’intera gamma delle emozioni, dall’ebbrezza alla paura… come l’aria che muta…

Dunque non posso dirvi delle sue metamorfosi e di quelle che indusse in me in forma quasi umana nel breve tempo del nostro incontro amoroso, del nostro ab-braccio, dell’incanto del suo corpo, del piacere dolce che mi donò quella sera, di quel che mi restò impresso di lei, perché fare l'amore è solo quando si lascia un segno di sé, altrimenti è altra e più povera cosa 

Posso solo dire, parafrasando Milan Kundera nel Valzer degli addii, che era apparsa per rivelarmi che si poteva vivere in un altro modo e per qualcos'altro, che la bellezza è più che la giustizia, più che la verità; che è più reale, più indiscutibile e anche più accessibile; che la bellezza è superiore a tutto. E in quell'i-stante era definitivamente perduta per me. Era venuta a mostrarsi solo all'ultimo momento perché io non credessi di aver conosciuto tutto e di aver esaurito fino in fondo tutte le possibilità della vita.

S’era fatta notte e mi lasciai sospingere dal vento lentamente in alto fino a rag-giungere le cime del Partenio. Sorvolai quella montagna magica fino al più vasto dei suoi altipiani, il Campo Maggiore. L’immensa spianata era circondata da faggete. Non più il profumo di gelsomino ma il respiro notturno di milioni di alberi. S’era fatto silenzio anche dentro di me, una quiete senza pensieri, quando vidi uscire dal margine del bosco un essere fiabesco, un unicorno azzurro che scendeva sulla spianata. Pensai, sperai che ci fosse una piccola mandria. Invece rimase da solo a scavallare sulla prateria, quell’unicorno inverosimile e splendente sotto il plenilunio. Restai a lungo a guardarlo, nella sua e nella mia solitudine.