Il
concetto di autenticità, come coincidenza di parole e comportamenti con sé
stessi, è uno dei più ambigui e ingannevoli. Trump ha mostrato al presidente
sudafricano in visita diplomatica alla
Casa Bianca ( si fa per dire) l’immagine di operatori della Croce Rossa che
trasportano sacchi di cadaveri: sarebbe la prova delle persecuzioni ai danni
dei bianchi sudafricani. Peccato che la fotografia derivava da un filmato
girato in Congo, non in Sudafrica. Trump ha utilizzato un dato falso, però ha
detto quello che pensava.
Quindi, è stato autentico. La Corte costituzionale ha
statuito che, in caso di procreazione medicalmente assistita, le due madri, la
biologica e la intenzionale, integrano la duplice genitorialità. Una delle due
madri -tuttavia- non è autentica. Nel
marketing turistico, si usano slogan come <sapori autentici, emozioni
autentiche >, magari invocando il ritorno alle radici. Tuttavia, come si fa
a riconoscere un ragù autentico, una gelosia autentica?
E poi chi può stabilire
cosa sia autentico, quali siano le radici cui riconnettersi ?
Il predicato di
autenticità presuppone una
corrispondenza statica tra realtà e verità ovvero – sul piano
individuale - tra il sé e la sua
manifestazione esteriore. Invece, essendo la vita collettiva e l’interiorità dei
processi in costante evoluzione, è impossibile decretarne e verificarne
l’autenticità, ossia la immutabilità. Il senso del < conosci te stesso >
è proprio questo.
Perciò, quando si adotta l’aggettivo <
autentico> o, peggio, lo si abbina al tema dell’identità, si commette uno
scempio semantico, sovente antesignano di azioni ed eventi abominevoli.