mercoledì 4 giugno 2025

BiblioIlde - "La signora meraviglia" di Saba Anglana



Una vicenda che Saba, la protagonista, ripercorre, in un alternarsi tra passato e presente, attraverso la storia della sua famiglia , alla ricerca profonda di un’identità che rappresenta l’elemento cardine che la scrittrice mette in rilievo, oltre al senso di un dolore condiviso senza vergogna. L’Etiopia, la Somalia e l’Italia sono tre luoghi in cui vive la sua famiglia, ma anche difficili, perché non si sentono accettati, ma spesso emarginati e chiamati con epiteti ingiuriosi, come “Ahmar”.

L’immagine che ha un che di spaventoso e terribile, un alter ego nascosto tra i meandri dei ricordi, una sorta di Gorgone dipinta con il proprio sangue quasi come in un rito, è posta davanti al suo letto, come un monito con cui lei intesse un dialogo muto e interiore.

Saba dovrà aiutare sua zia Dighei a preparare i documenti per farle ottenere la cittadinanza, la “signora Meraviglia”, un sogno che sembra impossibile, dopo quarant’anni di permanenza in Italia: un iter lungo e complicato per ricostruire l’identità della zia attingendo a notizie purtroppo talvolta vaghe.

Lei si sente come “una pagina bianca, sono ciò che ricordo tra le memorie reali e quelle derivate dai racconti della famiglia”. Tenero e nostalgico è il ricordo di sua nonna Abebech, una donna fiera e coraggiosa, preda innocente di una violenza, ma che non si arrende mai e, nonostante avesse la febbre altissima e delirasse, manifestava una grande dignità con cui affrontava tutto, lontana dalla sua famiglia e ciò costituiva un fastidio per la coscienza di quell’uomo che alla fine l’aveva abbandonata. Vorrebbe fuggire per trovare una vita migliore, qualcuno l’aveva aiutata a trovare un lavoro: Abebech serviva ai tavoli con la bambina sempre legata a sé e poi aveva incontrato Worku, un uomo che la amerà tanto, aveva molto sofferto, era stato fatto anche prigioniero. Abebech temeva la sua malattia, quel buio che tornava a trovarla spesso e, quando si innamorarono, tutto era nuovo nella solitudine delle loro fragili esistenze e ricominciarono insieme.

Il profondo amore per sua figlia Myriam e gli altri otto figli che in seguito avrà, secondo la profezia di un indovino che aveva incrociato sul suo cammino, rappresenteranno una sorta di rivalsa di fronte ad un destino avverso, perché lei non aveva mai perso la speranza. 

Abebech si teneva dentro tutte le parole, anche quelle più affettuose per non ferire la giovanissima figlia che si sentiva etiope, diversamente dai fratelli. È legata a riti ancestrali e di superstizione e si reca da Wezero Dinkinesh, una maga che entra in contatto con gli spiriti invisibili e che deve liberarla dal suo Wukabi, una sorta di oscuro malessere a tratti inspiegabile e tramandare questo rispetto alla sua discendenza per tenere lontane malattie e maledizioni. La presenza di Wezero era fondamentale, perché “bastava aprire nuovamente la porta dei nodi e fuggire fuori a respirare” e cominciavano a cantare come se volassero e si creava un’atmosfera particolare.

Abebech aveva insegnato a sua figlia Nina come inghiottire anche il dolore senza lamentarsi. Nina era stata la prima figlia concepita con il suo Worku, la prima fioritura del suo grembo a renderla felice, se ne stava in disparte, poi sceglieva con cura le parole, sapeva scrivere in italiano che rappresentava la lingua della passione e “maneggiare l’invisibile che sta dietro gli oggetti e le parole”.

Saba avvertiva una strana malinconia nell’aria e una nostalgia mentre entrava in contatto con il passato della sua famiglia e ricordava con tenerezza quando sua nonna Abebech aveva presagito la sua fine e si era ritirata come un gatto in attesa del suo destino.