Ad
ogni suo richiamo la vita rispondeva senza darle modo di replicare.
Era un
abbozzo di dialogo che si interrompeva ad ogni sussulto di fuga e tutto si
mascherava di incredulità.
Così lei rimaneva sempre orfana di parole ed in
preda alle sue più terribili paure.
Era così assuefatta da quel nulla che ogni
cosa intorno prendeva le forme di quello che in realtà non era.
Così la
tranquillità dei giorni diventava un cadavere in putrefazione.
La ragione
diventava un assurdo urlo nell’illusione.
La felicità rimaneva relegata ad una
semplice comparsa che, di tanto in tanto, faceva ingresso nella sua esistenza
senza programmare mai un motivo per ritornare.
Trascorreva le sue giornate tra
le sbarre di una gabbia costruitale dal destino.
In quella vita che non aveva
mai voluto vivere ma che viveva solo per paura della libertà o forse per timore
di non essere capita, compresa, da chi doveva proteggerla ed in realtà l’aveva
costretta a scegliere qualcosa che non le apparteneva.
Passarono così gli anni
e le ragioni che la tenevano legata man mano si affievolivano sino a diventare
poca cosa rispetto alle ragioni che la spingevano a sciogliere quel nodo, a
diventarne antagonista.
Chi era stata sino ad allora se lo chiedeva ogni santo
giorno.
Cosa aveva perduto o cosa avrebbe potuto ritrovare se solo avesse fatto
una scelta.
Scelta che, quel giorno, le sembrava amica, come mai lo era stata prima di allora.
Si
tirò su dal letto e prese la direzione che aveva disegnato col pensiero, quasi
ogni notte. Guardò per un attimo fuori.
Il nulla era ovunque ed ovunque guardava quel nulla sembrava entrarle dentro come un coltello arroventato entra
nel burro. Diede dei piccoli passi in direzione opposta, tentennando di nuovo, come se non fosse ancora pronta.
Rimuginò poche ed incomprensibili parole e poi
prese, ascoltando per un solo secondo la pancia, l’uscita di sicurezza.
Quell’uscita che mai si sarebbe sognata di dover prendere.
Ora era finalmente
lei.
Lei che aveva scelto di abbracciare le nuvole.