LINEE...

"se siamo pronti a correre il rischio possiamo finalmente vedere che la vita…dall'altra parte del confine…è spettacolare"

A volte basta un giro di sguardi per comprendere quello che ci circonda. Per recepire quello che separa o avvicina una cosa, una persona, al nostro nucleo di vita. Distanze e vicinanze, due elementi interdipendenti che possiamo calcolare anche in termini geometrici. La vicinanza è qualcosa che ci mette a pochi centimetri dall’altro. Quando è intima diventa senso di appartenenza. In questo caso il nostro nucleo si fonde con quello di un altro ed i centimetri spariscono. Pensiamo al rapporto madre/figlio oppure a due amanti. Quando è amicale, la maglia si allarga e si sviluppano relazioni tra persone che si sentono a proprio agio, si è più obbiettivi e meno invischiati come accade nella relazione intima. Quando è sociale, infine pubblica, aumenta lo spazio. Qui ci sono i contatti meno profondi, più convenzionali, formali o quelli regolati da precisi protocolli (ad esempio la distanza che separa l’insegnante dalla classe, il manager dai dipendenti). Possiamo però, in ogni caso, azzardare che all’origine di tutto esiste una linea. Linea che fruttifica altre linee dando origine ad una reticolata architettura fatta di confini. Confini che dividono spazi. E non parliamo di spazi territoriali/geografici bensì della nostra geografia emotiva. Di quei confini tra noi e gli altri. In questo caso oltre alla vista, che ci aiuta nell’empatia o nel rifiuto (pensiamo ai neuroni specchio che ci mettono nella condizione di avvicinarci all’altro), altri sensi giocano un ruolo importante nella percezione delle distanze. Il tatto ci permette di toccarle, sentirci vicini; di respingerle, sentirci lontani. L’olfatto ci permette di mediare la vicinanza o lontananza in base all’odore che ha l’altro. L’udito invece ci permette di recepire informazioni sulla vicinanza emozionale. Il tono, il timbro della voce, ci mostra l’emotività dell’altro e quindi la sua distanza da noi. Così, se andiamo oltre il raggio della realtà, ecco cosa appare nel territorio dell’essere umano, quello seminato dalla vita. Il più delle volte esistono delle barriere che mettiamo tra noi e l’altro. Altre volte sono delle interfacce, un modo per dividere ma anche per mettere a contatto pressioni contrapposte, fonti potenziali di conflitti e tensioni. I confini che l’uomo stesso traccia, invisibili, nella sua vita, diventano relazioni con il simile e contrapposizioni col diverso. Qui i confini sono definiti per creare differenze, per distinguerci dagli altri. Creando differenze incidiamo sulle probabilità, modificandole. Rendiamo certi eventi probabili, altri meno, se non addirittura impossibili. Poi ci sono quelli che chiamiamo confini spontanei, creati naturalmente per evitare una commistione. Ogni confine, però, ha una falla che spesso espropria il concetto stesso di identità privata. Di quella proprietà sentimentale o intellettuale che ci siamo creati. Parliamo del destino. Destino che modifica i confini facendo nascere incontri, interazioni, creando fusione di orizzonti cognitivi. Questa è (chiamatela come volete) l’innaturale o naturale risposta a chi crede che il confine protegga dall'inatteso e dall'imprevedibile. Quando si ha paura, quando si è paralizzati dalle preoccupazioni che ci rendono incapaci di agire, in quel momento facciamo subentrare i confini. Le linee spinate che ci separano e dove, virtualmente, ci muoviamo e ci diamo sicurezza. Ma, facendo questo, riduciamo tutto ad una questione di linee, di confini. E’ vero però che, molte volte, le barriere sono necessarie per sopravvivere. Spesso gli altri sono troppo complicati o troppo opposti e confliggenti con il nostro mondo privato che, nell’ipotetica interazione, sappiamo già chi sarà ad uscirne ferito. Ed allora occorre mettere dei particolari confini, chiamiamoli di sopravvivenza. Tracciare quella linea immaginaria e pregare intensamente che nessuno sconfini, che nessuno l’attraversi contro la nostra volontà. Poi, ad un certo punto della storia, si comprende, che i confini non tengono solo fuori gli altri ma servono a soffocarci. Se abbiamo scelto di vivere in uno spazio che ogni giorno traccia un nuovo confine, vediamo che il nostro metro quadrato si restringe a dismisura. Allora comprendiamo che abbiamo due opzioni: sprecare la vita a tracciare confini oppure decidere di vivere superandoli (anche se ci sono, spesso, dei confini che è decisamente troppo pericoloso varcare). Però se siamo pronti a correre il rischio possiamo finalmente vedere che la vita…dall'altra parte del confine…è spettacolare.

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