A cura di Ilde Rampino
Amore e dolore che si fondono in una vicenda che crea una frattura nell’anima che rimarrà latente per tantissimo tempo.
Nell’estate
dei suoi dieci anni, Luca fu colto da una folgorazione e venerava Betta da
lontano, un amore che giudicava senza speranza, la rincorreva, affidandosi ai
piccoli segni che lei gli rivolgeva: le aveva comprato un regalo, un
braccialetto colorato della fortuna che lei indossò e rappresentò un simbolo
del suo amore e poi della sua disperazione. Quando non la vide più tornare a
Torre Domizia, diventò sempre più ombroso, gli mancava molto e ricordava il “grazie”
che gli aveva detto, in silenzio, muovendo solo le labbra. La scoperta della
sua morte lo fa sprofondare in un dolore
muto, si svegliava di soprassalto di notte e aveva la sensazione di soffocare,
mentre la tristezza gli galleggiava dentro.
A quindici
anni la sua vita si trasforma improvvisamente ed è costretto ad andarsene e
viene accolto dallo zio Umberto, in cui ritrova il senso di famiglia che aveva
perduto, nonostante degli inizi difficili. Il crimine di Maurizio aveva travolto,
come una tempesta infinita, tutta la
loro esistenza, come se avesse disperso semi velenosi lungo il percorso della
loro quotidianità. Luca si sente profondamente solo, nonostante l’affetto che
lo circonda, sente che il rapporto con i suoi genitori, a causa del gesto di
Maurizio, è stato distrutto e reso sfilacciato dalla sofferenza, avverte la
freddezza di sua madre, anche se si rende conto che è dettata dal dolore. Comincia
a studiare quasi con rabbia e per allontanare i pensieri,”arrancava in una vita
sospesa”, ma la vita lo pone davanti a prove ancora più difficili e alla
tensione e alla paura che prova sua zia Mara nei suoi confronti. Suo zio
Umberto si trasferisce con lui per qualche tempo dai padri Oblati: Luca pensava
alla sua casa che non c’era più, alla sua vita di prima completamente distrutta
di cui rimaneva solo cenere, va a trovare sua madre Lilia in ospedale e
incontra la madre di Betta, distrutta dal dolore, ma che si preoccupa della
sofferenza degli altri, rivelando un grande cuore. Le parole della madre: ”il
gioco lo hai vinto tu” rappresentano per lui una pietra miliare, da cui poter
rinascere e recuperare la fiducia in se stesso che aveva perduto, nascosta dal
dolore e dal senso di colpa che nonostante tutto, provava. Luca diventa
un’altra persona, riscatta il suo passato e riesce a prendersi cura delle
cugine in una situazione complicata, conquistando la riconoscenza della zia
Mara attraverso le sue parole: “tua
madre sarebbe molto fiera di te”.
Il
cambiamento interiore di Luca che, nonostante il dolore e le difficoltà della
vita, è riuscito a trovare la propria strada, ha delle ripercussioni positive
anche nei confronti di suo padre Tommaso, che si è chiuso in se stesso e ha
difficoltà nel rapporto con gli altri. Si è rifugiato in una vecchia casa in un
bosco e vive in modo semplice e solitario, imparava a memoria gli orari dei
treni per ritrovare un tempo dimenticato, finchè, un giorno che Luca è andato a
trovarlo, trovano un cane, Alma, che farà compagnia al padre mentre egli
tornerà dagli zii e rappresenterà qualcosa di importante per lui.
Pian piano è
come se il treno della vita ritrovasse i binari del tempo e raddrizzasse la
rotta per recuperare gli affetti perduti, perché Luca accettasse, senza
disperazione la morte del padre, mentre raccoglieva le more per la marmellata
per Stella, la sua piccola nipote, riprendesse le fila, anche se a fatica, del
rapporto interrotto tanti anni prima con suo fratello Maurizio, permettendogli
di andare al funerale del padre. Quella
vecchia radiolina da cui aveva appreso la terribile notizia gli fa esplodere
dentro una rabbia feroce: Luca era arrivato ad un passo dall’ucciderlo, ma
improvvisamente aveva capito l’impossibilità dell’odio e che dalla sofferenza si
poteva guarire.”La caduta non era altro che lo sgambetto della vita”, ci si
doveva fermare e poi si doveva riprendere la corsa senza pesi sul cuore.