mercoledì 27 agosto 2025

BiblioIlde: "Io che ti ho voluto così bene" di Roberta Recchia

 


A cura di Ilde Rampino

Amore e dolore che si fondono in una vicenda che crea una frattura nell’anima che rimarrà latente per tantissimo tempo.

Nell’estate dei suoi dieci anni, Luca fu colto da una folgorazione e venerava Betta da lontano, un amore che giudicava senza speranza, la rincorreva, affidandosi ai piccoli segni che lei gli rivolgeva: le aveva comprato un regalo, un braccialetto colorato della fortuna che lei indossò e rappresentò un simbolo del suo amore e poi della sua disperazione. Quando non la vide più tornare a Torre Domizia, diventò sempre più ombroso, gli mancava molto e ricordava il “grazie” che gli aveva detto, in silenzio, muovendo solo le labbra. La scoperta della sua morte lo fa sprofondare in un  dolore muto, si svegliava di soprassalto di notte e aveva la sensazione di soffocare, mentre la tristezza gli galleggiava dentro.

A quindici anni la sua vita si trasforma improvvisamente ed è costretto ad andarsene e viene accolto dallo zio Umberto, in cui ritrova il senso di famiglia che aveva perduto, nonostante degli inizi difficili. Il crimine di Maurizio aveva travolto, come una tempesta infinita,  tutta la loro esistenza, come se avesse disperso semi velenosi lungo il percorso della loro quotidianità. Luca si sente profondamente solo, nonostante l’affetto che lo circonda, sente che il rapporto con i suoi genitori, a causa del gesto di Maurizio, è stato distrutto e reso sfilacciato dalla sofferenza, avverte la freddezza di sua madre, anche se si rende conto che è dettata dal dolore. Comincia a studiare quasi con rabbia e per allontanare i pensieri,”arrancava in una vita sospesa”, ma la vita lo pone davanti a prove ancora più difficili e alla tensione e alla paura che prova sua zia Mara nei suoi confronti. Suo zio Umberto si trasferisce con lui per qualche tempo dai padri Oblati: Luca pensava alla sua casa che non c’era più, alla sua vita di prima completamente distrutta di cui rimaneva solo cenere, va a trovare sua madre Lilia in ospedale e incontra la madre di Betta, distrutta dal dolore, ma che si preoccupa della sofferenza degli altri, rivelando un grande cuore. Le parole della madre: ”il gioco lo hai vinto tu” rappresentano per lui una pietra miliare, da cui poter rinascere e recuperare la fiducia in se stesso che aveva perduto, nascosta dal dolore e dal senso di colpa che nonostante tutto, provava. Luca diventa un’altra persona, riscatta il suo passato e riesce a prendersi cura delle cugine in una situazione complicata, conquistando la riconoscenza della zia Mara attraverso le sue parole:  “tua madre sarebbe molto fiera di te”.

Il cambiamento interiore di Luca che, nonostante il dolore e le difficoltà della vita, è riuscito a trovare la propria strada, ha delle ripercussioni positive anche nei confronti di suo padre Tommaso, che si è chiuso in se stesso e ha difficoltà nel rapporto con gli altri. Si è rifugiato in una vecchia casa in un bosco e vive in modo semplice e solitario, imparava a memoria gli orari dei treni per ritrovare un tempo dimenticato, finchè, un giorno che Luca è andato a trovarlo, trovano un cane, Alma, che farà compagnia al padre mentre egli tornerà dagli zii e rappresenterà qualcosa di importante per lui.

Pian piano è come se il treno della vita ritrovasse i binari del tempo e raddrizzasse la rotta per recuperare gli affetti perduti, perché Luca accettasse, senza disperazione la morte del padre, mentre raccoglieva le more per la marmellata per Stella, la sua piccola nipote, riprendesse le fila, anche se a fatica, del rapporto interrotto tanti anni prima con suo fratello Maurizio, permettendogli di andare al funerale del padre.  Quella vecchia radiolina da cui aveva appreso la terribile notizia gli fa esplodere dentro una rabbia feroce: Luca era arrivato ad un passo dall’ucciderlo, ma improvvisamente aveva capito l’impossibilità dell’odio e che dalla sofferenza si poteva guarire.”La caduta non era altro che lo sgambetto della vita”, ci si doveva fermare e poi si doveva riprendere la corsa senza pesi sul cuore.