Il fatto: tragico omicidio di una ragazzina quattordicenne, poco più che bambina quindi.
E’ ripartita la solfa dell’educazione affettiva (sovrapposta a quella sentimentale e – ancora più arbitrariamente – a quella sessuale). Cioè la fatua discussione intorno a un (fantasmagorico) percorso formativo, mirato a sviluppare la consapevolezza e la gestione delle proprie emozioni e – nientepopodimeno che - delle relazioni interpersonali. Non si capisce il collegamento tra gli orrendi femminicidi e la carenza di competenza emotiva. Secondo il pensiero mainstream, questa dovrebbe diventare materia scolastica, senza che siano mai specificati l’oggetto, il grado e la fascia di età di introduzione e il tipo di capacità di insegnamento richiesta.
Il tema si è trasformato in un’oziosa disputa ideologica, per cui le forze di opposto orientamento politico si contendono il nulla. Più prosaicamente, la questione non è il deficit di robustezza psicologico-comportamentale, bensì la mancanza di educazione tout court. Ossia di quella che una volta usava chiamarsi – senza distorsioni comunicative - buona educazione, galateo, creanza: meglio, saper vivere. Tutte e tre le agenzie educative – famiglia, scuola e collettività – convergevano verso un principio minimo e inderogabile di convivenza che non era minimalismo esistenziale. Nessuno osa dirlo ma si tratta di una questione morale.
Di stabilire e inculcare ciò che è bene o male fare. Si scontano pateticamente, e in nome del politicamente corretto, l’ abiura all’etica, l’infingardaggine genitoriale ( omo o etero, non importa ), la mediocrità culturale della classe politica. L’educazione della persona è un susseguirsi – mai lineare, coordinato e prevedibile - di atti, eventi e comportamenti. Non è suscettibile di infusione didattica né di meccanica trasmissione cognitiva. Insomma, l’educazione affettiva è impossibile.
*AntropoLogos si è trasformato in Pensieri Stravaganti - Sempre a cura del nostro Mino Mastromarino