venerdì 18 luglio 2025

The Moonlight's Verses: Selene Pascasi

 

A cura di Giuseppina Manganelli


LEAVING

Leaving is not disappearing

it is just closing one’s eyes

hiding oneself in time

asking the moon for a voice

keeping one’s heartbeats mute.

The bridge does not divide.

I still find you, I swear

and I still  breathe you

as when we were

shadow and light silent

behind the bend of us.

Patient, you await me.


 Selene Pascasi  (da “Un tempo minimo”)




ANDARE


Andare non è perdersi

è solo chiudere gli occhi

nascondersi nel tempo

chiedere voce alla luna

restare muta nei battiti.

Il ponte non divide.

Ti trovo ancora, giuro

e ancora ti respiro

come quando eravamo

ombra e luce silenti

dietro la curva del noi.

Paziente mi attendi.


giovedì 17 luglio 2025

Mosaici - La vita non accetta formule: Miguel de Unamuno

 

A cura di Domenico Frontera


L'opera più rappresentativa del filosofo spagnolo Miguel de Unamuno (Bilbao 1864 Salamanca 1936) è il "Del sentimento tragico della vita", scritta nel 1913 in polemica contro coloro che egli definisce "i predicatori dell'onnipotenza della ragione."

Per il nostro autore, infatti, la ragione scientifica - intesa in senso positivistico - non potrà mai rispondere alla domanda fondamentale sul senso della vita, in quanto l'esistenza non trova nessuna giustificazione. Essa è al di sopra di tutte le ragioni e non accetta formule, poiché non è una realtà razionale ma un sentimento tragico, irrazionale.

Secondo Unamuno, un pensiero troppo sicuro di sé - sia filosofico che tecnico-scientifico - costruisce, difatti, unicamente vani dogmi, pericolose certezze.

Se, al contrario, si è consapevoli dei limiti della ragione, delle sue presunzioni e dei suoi inevitabili errori, nonché delle realtà che oltrepassano i nostri schemi cognitivi (che il sentimento del tragico ci porta a comprendere), allora avremmo pensatori i quali, in una continua vigilanza, si troveranno sempre in lotta contro se stessi, contro le pretese del proprio intelletto. Il vero intellettuale è, dunque, quello che non è mai soddisfatto di sé stesso, né degli altri, e che percepisce la coscienza come una malattia dell'umano.

Non siamo di fronte al dubbio socratico, alla massima del "conosci te stesso", perché - per Unamuno - la tragicità di una mancanza di senso nelle cose impedisce anche la possibilità di definire cosa sia l'umano o l’umanità. Sostiene, infatti, che l'approccio al conoscere non muove da un dialogo razionale ma dalla irrazionalità di una emozione, di un sentimento che ci incute timore e tremore. Non è un caso, dunque, che dobbiamo proprio a Miguel de Unamuno la riscoperta del pensiero di Kierkegaard.

Cosa potrà mai dirci, affermerà il nostro autore, una ragione scientifica o filosofica - che si erge a spiegazione dogmatica della realtà - su quelli che sono i nostri più profondi bisogni volitivi e la nostra fame di immortalità? 

La nozione di tragico, quindi, in Unamuno si oppone a quella di certezza e ci consegna al sacro, al mistero a tutto ciò che è ineffabile.

La vita concreta, l'esperienza del singolo - dirà ancora l’autore - ci indicano continuamente che i nostri desideri, le nostre volizioni, i nostri affetti, i nostri sentimenti e le nostre angosce vengono prima dell'intelligenza. Essi non nascono, come potrebbe apparire, dall'intelligenza stessa: questa è, infatti, solo un tentativo, sempre fallibile, di trovare una giustificazione al  dolore di fondo, irrazionale, perché indefinibile, che l'uomo avverte in sé come una condanna.

Affrontare questo sentimento ci riporta di fronte all'abisso del vivere, alla sua assoluta irrazionalità e assurdità. Ciò, paradossalmente, aiuta la ragione ad essere umana, e cioè a riconoscersi inadatta a comprendere il tutto e a evitare la follia di un razionalismo acritico che conduce inevitabilmente verso i totalitarismi e il delirio di onnipotenza di una intera società.

Il sentimento del tragico, il terrore del nulla, il sacro, non bloccano la ragione; anzi, per Miguel de Unamuno la inverano, la compiono e impediscono all'intelletto di avere la presunzione di essere il giudice e il soggetto privilegiato del mondo.

Non la ragione delle cose, quindi, ma l'umile e "irrazionale verità" delle cose e nelle cose, per il filosofo e poeta di Bilbao, è tutto ciò che è "tragicamente e salvificamente" reale.



Dices que no me entiendes…


Dices que no me entiendes…
y què importa bien mìo?
Tampoco yo te entiendo,
y tengo tu cariño.

 

Si ante ti està mi mente
cercada en grueso muro,
en cambio, aquì te traigo
mi corazon desnudo.



Yo no sè lo que piensas
y aun si piensas ignoro;
me basta que tu pecho
se me haya abierto todo.



La mente es infinita,
el corazon eterno;
aquì, en tu rinconcito,
por siempre viviremos.



Dici che non mi capisci…

Dici che non mi capisci…
e che importa, amor mio?
Io nemmeno ti capisco
e posseggo il tuo affetto.

 

Se davanti a te c’è la mia mente
circondata da uno spesso muro,
io, in cambio, qui ti porto
il mio cuore nudo.

 

Io non so cosa pensi
e pure se pensi ignoro;
mi basta che il tuo petto
mi si apra per intero.

 

La mente è infinita,
il cuore eterno;
qui, nel tuo angolino
per sempre vivremo.



( Miguel de Unamuno, da "Verrà di notte, e altre poesie",  Passigli Poesia 2008)

Le stelle di Silvia - In viaggio con Stephen King, prima tappa Castle Rock


 A cura di Silvia Cozzi

Siete mai stati a Castle Rock? Io si, in diverse occasioni nel corso della mia vita e tuttora qualche volta ci torno.
Castle Rock è una cittadina del Maine all’apparenza normale, situata a sud del Mexico, Rumford e Motton nel centro della contea di Oxford, Lì potrai visitare una piccola bottega dove ognuno può trovare l’oggetto che più desidera al mondo, ma fai attenzione al prezzo che ti verrà chiesto di pagare in cambio. Castel Rock è il centro di avvenimenti inspiegabili e sovrannaturali,  dove il male è perennemente in  lotta contro il bene in un’affascinante scoperta dei più nascosti e oscuri meandri della mente umana.
Vi chiederete: “Ma che gusto ci provi ad andarci? E’ talmente lontana e inquietante!” La risposta è semplice: “Ci vado perché costa molto poco, e perché in questi magici viaggi mi accompagna Stephen King, che amo da quando ero una ragazzina e che conosce molto bene questa cittadina, i suoi abitanti e le loro storie fantastiche”.
Infatti Castle Rock non esiste se non nella mente di King e in essa sono ambientati alcuni  dei suoi romanzi più famosi tra cui: La zona morta (1979,) Cujo (1981),  La metà oscura (1989) Cose preziose (1991), Mucchio d'ossa (1998).
La mia passione per questo scrittore,  nasce da quando,  appena dodicenne, ho letto  “La zona morta”. Fino ad allora non avevo mai sentito parlare di lui. 
La trama è questa, sempre molto attuale: Johnny Smith, giovane insegnante amato dai suoi allievi e colleghi, svolge una vita tranquilla. E’ fidanzato con Sarah, una ragazza che lo adora, ma ha  un’ombra nella sua vita: una brutta caduta da bambino  sul campo da hockey che gli fa perdere i sensi, della quale ricorda solo un dolore fortissimo alla testa e un odore intenso di gomme bruciate. 
In seguito ripenserà a quel momento come un istante deciso dal destino, che gli cambierà radicalmente  la vita.
Durante la notte  di Halloween  del 1970,  dopo una piacevole serata insieme alla sua ragazza, Johnny resta vittima di un grave incidente stradale, entra in coma e si sveglierà solo quattro anni dopo. Nel frattempo intorno a lui tutto è cambiato: Sarah si è sposata, i suoi genitori si sono allontanati l’uno dall’altra  e lui ha sviluppato un potere inquietante da veggente che lo spaventa, e gli fa vedere accadimenti del futuro. Inizialmente lo utilizza per scongiurare incidenti e per risolvere situazioni particolari, ma ben presto lo vivrà come una sorta di maledizione. La gente ha paura di lui perché la sua mente è in grado anche di scoprire il lato oscuro di ognuno, quello che tutti vorrebbero tenere nascosto. 
Il fatto cruciale avviene quando stringe la mano a un politico e si sente attraversato da un presagio di morte e distruzione che da quel momento lo costringerà a sentirsi responsabile della vita di molte persone a discapito della sua. In un insieme di sensazioni confuse, il bene e il male per lui non hanno più un volto definito. 

Trovai questo romanzo avvincente e molto introspettivo, rimasi letteralmente affascinata dal suo modo di entrare dentro al chiaro e allo scuro che albergano in ognuno di noi,  nel perenne tentativo di sopraffazione l’uno sull’altro.
Solo dopo un po’ di tempo dalla lettura di questo libro,  ho scoperto che King è famoso per le sue storie di terrore ed è definito il “Re dell’horror”. Pochi sanno però, che oltre agli Horror,  ha scritto tantissimi romanzi di generi differenti che sono stati anche scenografie  di film famosi quali “Il miglio verde” , dramma carcerario affascinante e commovente  ambientato negli Stati Uniti degli anni ‘30 che ha come protagonista un uomo di colore  innocente, condannato ingiustamente  alla pena di morte per aver stuprato due bambine,  e “L’ultima eclissi” tratto da “Dolores Claiborne” interpretata dall’attrice Kathy Bates, già nota per aver dato un volto alla folle protagonista di Misery non deve morire altro successo di King. 

Dolores Claiborne ha sessantacinque anni, abita in una piccola isola al largo delle coste del Maine e lavora come domestica presso Vera Donovan, donna facoltosa che ama trascorrere le sue vacanze estive in quel luogo tranquillo. Quando Vera muore cadendo dalle scale, Dolores è la prima indagata dalla polizia locale, per aver causato l’incidente.  La donna, per dimostrare la propria innocenza, ripercorre con il ricordo il legame di lavoro e amicizia, durato oltre quaranta anni, con la famiglia Donovan. L’evento cruciale  è un’eclissi di sole realmente avvenuta il 20 luglio 1963 e che ha oscurato anche parte dello Stato del Maine durante la quale Dolores  ha ucciso premeditatamente il  marito violento e alcolista, dopo avere scoperto che molestava sessualmente la loro figlia adolescente. Dal suo racconto emerge un legame pari a una sorellanza fra lei e Vera Donovan, due donne lontanissime per estrazione sociale, unite e complici nel fronteggiare le avversità delle rispettive vita. 
Il miglior horror del “Re” a mio avviso, resta comunque Shining del 1977,  romanzo iconico che  esplora diverse tematiche quali la dipendenza da alcol – di cui lo scrittore è stato vittima – e le relazioni personali fra genitori e figli.
L’Overlook, lo strano e imponente albergo che domina le alte montagne del Colorado con un passato di terribili delitti, dimora di forze maligne, è diventato ormai un immaginario di terrore, insieme alla triste famiglia,  composta dallo scrittore fallito Jack Torrance, la moglie Wendy e il figlio Danny dotato del potere di materializzare gli orribili fatti accaduti nell’albergo. Fu adattato cinematograficamente nel 1980 da Stanley Kubrick che scelse come attore protagonista nel ruolo di Jack Torrance,  il fantastico  Jack Nicholson. Ma sembra che Stephen King non apprezzò il film.


Ma chi è Stephen King?
Stephen Edwin King nasce il 21 settembre 1947 a Portland, Maine. Il padre, Donald King, sparisce dopo la sua nascita,  lasciando la moglie ad allevare da sola lui e il fratello adottivo David.
A causa dei lavori precari della madre, la famiglia conduce un’esistenza errabonda per diversi  anni.
Il 1954 è un anno significativo per Stephen che assiste alla proiezione dell’horror “Il Mostro Della Laguna Nera”, e scopre in soffitta i libri del padre, tutti classici di Poe, Lovecraft e Matheson.
Per il suo undicesimo compleanno chiede in regalo la sua prima macchina da scrivere.
Nel 1971 si sposa con Tabitha Jane Spruce ma i primi anni di matrimonio si rivelano molto difficili perché King non trova impiego come insegnante ed è costretto ad accettare i lavori più disparati. Continua, comunque, a scrivere romanzi nel tentativo di pubblicarli, ma  senza successo. Frustrato scivola nel tunnel dell’alcool.  La moglie lo convince ad ampliare una storia da lui scritta  che aveva ripescato dentro il cesto dell’immondizia, e King una volta ultimatolo, manda il  manoscritto a Bill Thompson, della Doubleday. E’ un vero inaspettato successo. Carrie viene pubblicato nella primavera del 1974, trascinando King dal baratro dell’autodistruzione verso un’incredibile serie di successi.

Nel giugno del ‘99 lo scrittore è vittima di un gravissimo incidente da cui è salvo per miracolo.
Mentre percorre i suoi abituali sei chilometri a piedi vicino a Center Lovell, viene investito da Bryan Smith che ha già dei precedenti penali a causa di una dozzina di sinistri stradali.
L’allora quarantaduenne Bryan Smith non vede affatto Stephen King, fermo sul ciglio della strada perché viaggia con un rottweiler accanto a sé ed un frigo portatile che contiene della carne sul sedile posteriore.
Il cane, attratto dalla carne, salta vicino al mini-frigo per impadronirsene, e il suo padrone, per fermarlo, investe lo scrittore.
King è costretto a restare un mese in ospedale e subisce sette operazioni chirurgiche, l’incidente gli comporta gravi danni fisici: la perforazione del polmone destro, la frattura della gamba destra in almeno nove punti, la lesione della colonna vertebrale in otto punti, la lacerazione del cuoio capelluto e la rottura di quattro costole.
King non appena è in grado di farlo, denuncia Bryan Smith affinché  gli venga revocata finalmente la patente, visto che ancora il suo investitore ne era in possesso dopo ben 12 incidenti, dopodiché compra il minivan con cui è stato investito per la modica cifra di 1600 dollari, promettendo a se stesso di romperlo definitivamente una volta riacquistate le forze.
L’anno dopo, Bryan Smith muore per un’overdose di antidolorifici e King, nonostante il dramma subito a causa sua, dichiara: “Sono contento di essere ancora vivo, ma mi dispiace che lui sia morto” (dichiarazione che denota una grande generosità d’animo).
La convalescenza lunga e dolorosa,  porta Stephen a considerare la possibilità di concludere la sua carriera, ma il suo proclamato bisogno fisico di scrivere per almeno quattro ore al giorno per 362 giorni l’anno, prevale e scriverà ancora tanti altri romanzi di grande successo.

Nel 2004 King conclude la sua opera più ambiziosa, “La torre nera”, una saga costituita da 7 romanzi del genere  western/fantasy, tornando, poi,  alle vecchie abitudini, e a un ritmo di pubblicazione costante.
Stephen King vive con la moglie Tabitha e i tre figli Naomi Rachel, Joseph Hillstrom e Owen Phillip.
“Uno dei miei compiti in quanto scrittore è quello di assalire le vostre emozioni e forse di aggredirvi”.
Io direi, da innamorata quale sono, che ci riesce tuttora molto bene, e consiglio i suoi romanzi, perché sono avvincenti, scorrevoli e densi di significati profondi che vanno al di là dell’horror tradizionale.

King for ever

Allego, per chi volesse intraprenderne la lettura,  la bibliografia dei suoi romanzi:
1974 – Carrie, Milano, Sonzogno, 1977.
1975 – Le notti di Salem ('Salem's Lot), Milano, Sonzogno, 1979.
1977 – Shining (The Shining), Milano, Sonzogno, 1978 col titolo Una splendida festa di morte.
1977 – Ossessione (Rage), Milano, Sonzogno, 1988 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
1978 – L'ombra dello scorpione (The Stand), Milano, Sonzogno, 1983.
1979 – La lunga marcia (The Long Walk), Collana Urania, Milano, A. Mondadori, 1985 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
1979 – La zona morta (The Dead Zone), Milano, Sperling & Kupfer, 1981.
1980 – L'incendiaria (Firestarter), Milano, Sperling & Kupfer, 1982.
1981 – Uscita per l'inferno (Roadwork), Milano, Sonzogno, 1987 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
1981 – Cujo, Milano, Sperling & Kupfer, 1983.
1982 – L'uomo in fuga (The Running Man), Collana Urania, Milano, A. Mondadori, 1984 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
1983 – Christine - La macchina infernale (Christine), Milano, Sperling & Kupfer, 1984.
1983 – Pet Sematary, Milano, Sperling & Kupfer, 1985.
1983 – Unico indizio la luna piena (Cycle of the Werewolf), Milano, Longanesi, 1986.
1984 – Il talismano (The Talisman), Milano, Sperling & Kupfer, 1986 - scritto con Peter Straub.
1984 – Gli occhi del drago (The Eyes of the Dragon), Milano, Sperling & Kupfer, 1988.
1984 – L'occhio del male (Thinner), Milano, Sonzogno, 1986 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
1986 – It, Milano, Sperling & Kupfer, 1987.
1987 – Misery, Milano, Sperling & Kupfer, 1988.
1987 – Le creature del buio (The Tommyknockers), Milano, Sperling & Kupfer, 1989.
1989 – La metà oscura (The Dark Half), Milano, Sperling & Kupfer, 1990.
1991 – Cose preziose (Needful Things), Milano, Sperling & Kupfer, 1992.
1992 – Il gioco di Gerald (Gerald's Game), Milano, Sperling & Kupfer, 1993.
1992 – Dolores Claiborne, Milano, Sperling & Kupfer, 1994.
1994 – Insomnia, Milano, Sperling & Kupfer, 1995.
1995 – Rose Madder, Milano, Sperling & Kupfer, 1996.
1996 – Il miglio verde (The Green Mile: The Complete Serial Novel), Milano, Sperling & Kupfer, 2000.
1996 – I vendicatori (The Regulators), Milano, Sperling & Kupfer, 1997 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
1996 – Desperation, Milano, Sperling & Kupfer, 1997.
1998 – Mucchio d'ossa (Bag of Bones), Milano, Sperling & Kupfer, 1999.
1999 – La tempesta del secolo (Storm of the Century), Milano, Sperling & Kupfer, 2000.
1999 – La bambina che amava Tom Gordon (The Girl Who Loved Tom Gordon), Milano, Sperling & Kupfer, 1999.
2001 – L'acchiappasogni (Dreamcatcher), Milano, Sperling & Kupfer, 2001.
2001 – La casa del buio (Black House), Milano, Sperling & Kupfer, 2002 - scritto con Peter Straub.
2002 – Buick 8 (From a Buick 8), Milano, Sperling & Kupfer, 2003.
2005 – Colorado Kid (The Colorado Kid), Milano, Sperling & Kupfer, 2005.
2006 – Cell, Milano, Sperling & Kupfer, 2006.
2006 – La storia di Lisey (Lisey's Story), Milano, Sperling & Kupfer, 2006.
2007 – Blaze, Milano, Sperling & Kupfer, 2007 - con lo pseudonimo Richard Bachman.
2008 – Duma Key, Milano, Sperling & Kupfer, 2008.
2009 – The Dome (Under the Dome), Milano, Sperling & Kupfer, 2009.
2011 – 22/11/'63 (11/22/63), Milano, Sperling & Kupfer, 2011.
2013 – Joyland, Milano, Sperling & Kupfer, 2013.
2013 – Doctor Sleep, Milano, Sperling & Kupfer, 2014.
2014 – Mr. Mercedes, Milano, Sperling & Kupfer, 2014.
2014 – Revival, Milano, Sperling & Kupfer, 2015.
2015 – Chi perde paga (Finders Keepers), Milano, Sperling & Kupfer, 2015.
2016 – Fine turno (End of Watch), Milano, Sperling & Kupfer, 2016.
2017 – La scatola dei bottoni di Gwendy (Gwendy's Button Box), Milano, Sperling & Kupfer, 2018 - scritto con Richard Chizmar.
2017 – Sleeping Beauties, Milano, Sperling & Kupfer, 2017 - scritto con Owen King.
2018 – The Outsider, Milano, Sperling & Kupfer, 2018.
2018 – Elevation, Milano, Sperling & Kupfer, 2019.
2019 – L'Istituto (The Institute), Milano, Sperling & Kupfer, 2019.
2021 – Later, Milano, Sperling & Kupfer, 2021.
2021 – Billy Summers, Milano, Sperling & Kupfer, 2021.
2022 – L'ultima missione di Gwendy (Gwendy's Final Task), Milano, Sperling & Kupfer, 2022 - scritto con Richard Chizmar.
2022 – Fairy Tale, Milano, Sperling & Kupfer
2023 – Holly, Milano, Sperling & Kupfer
2025 - Never flinch - La lotteria dagli Innocenti 


BiblioIlde: "I titoli di coda di una vita insieme" di Diego De Silva



A cura di Ilde Rampino

Una vicenda che rappresenta una sorta di altalena di sensazioni, monologhi che diventano dialoghi con l’anima dell’altro, un ponte di pensieri che attraversa le loro esistenze che si fondono in una. Alice e Fosco sembrano non riuscire a comunicare, ma lo fanno attraverso le emozioni che sono espresse nelle pagine di questo libro meraviglioso.

L’amara e, al contempo, profonda verità che “ci vogliamo bene, per questo ci stiamo lasciando” diventa un’autentica consapevolezza, totalmente diversa dalla “pace insapore” che rivela che è finita: egli vorrebbe individuare un momento preciso, una parola fuori posto, perché non riesce a comprendere il motivo per cui si sono allontanati e si è diventati fragili da un momento all’altro. E’ doloroso parlarne, perché non è qualcosa di improvviso : nelle pause tra le liti avviene qualcosa e ci si sente prosciugati, mentre ciò che non si riesce a sopportare è il silenzio dell’altro. Alice era diventata un’altra persona, aveva paura che Fosco se ne andasse e uno dei momenti più felici del loro matrimonio era stato quando una sera egli era uscito, in uno stato di agitazione convulsa e lei l’aveva seguito ed abbracciato, con la terribile paura di perderlo. Fosco si sentiva in colpa perché aveva finto di non capire che tra loro stava finendo e di non aver urlato, quando avrebbe dovuto e prende la decisione di andarsene dalla loro casa, perché l’idea di rimanere solo in quelle stanze lo deprimeva, tra gli oggetti che diventavano scrigni di ricordi, regali ricevuti che le ricordavano che si erano amati tanto tempo, una felicità estinta.

Fosco tende a scappare per non affrontare il dolore della separazione da  Alice e avverte la solitudine di dormire da solo “non come vuoto, ma come mancanza” e quando decide di andare via di casa, si rende conto che non si dovrebbe portare via niente, ma egli l’aveva fatto, aveva preso pochi oggetti a caso, come il primo racconto che aveva scritto, in cui parlava della sua infanzia. 

Un elemento importante di questa vicenda, che rappresenta una pietra miliare è la vendita della casa in paese dove egli aveva trascorso i suoi anni di bambino felice e amato. Questa decisione all’inizio lo aveva lasciato indifferente, ma poi si era reso conto che non avevano bisogno di soldi, voleva in realtà liberarsi di qualcosa che costituiva un rimpianto: non si era reso conto che la vendita della casa consisteva nella sua perdita, perché altri avrebbero abitato quelle stanze, cancellando ogni traccia di loro. 

Aveva voluto erigere un muro per allontanarsi da quel luogo, ma gli mancava tutto e sentiva di aver tradito il valore dei giorni dell’infanzia in cui si imparava a non aver paura del mondo e i suoi compagni di gioco, come Felicino. Voleva allontanarsi da tutti loro e dal cane Geppo, a cui era molto legato e che in seguito scopre che è ancora vivo e se ne occupa Barbara, una bambina che giocava con lui. Alice e Fosco decidono di tornare per qualche giorno nella casa che avevano venduto per “scrivere insieme i titoli di coda della loro storia”, ma sono combattuti: Alice detestava la capacità di Fosco di comprendere e perdonare e di assecondarla in ogni decisione, come quando lei aveva avuto un’offerta di lavoro in America e lui aveva accettato di seguirla, ma lei era frastornata dalla naturalezza con cui era pronto ad affrontare il cambiamento; alla fine lei aveva rifiutato la proposta e si era meravigliata della sua decisione. Fosco camminava per le stanze, osservando gli oggetti e si rendeva conto, solo in quel momento, che, quando si vende una casa, si deve prendere quello a cui si tiene, perché dopo non potrai recuperare più nulla. L’incontro con gli amici di un tempo è denso di emozioni, soprattutto nei confronti di Felicino, con cui aveva trovato un pretesto per non incontrarlo e poi lo abbraccia, perché lo “aveva appena estratto dalle macerie che proprio lui gli aveva rovesciato addosso” e con il nipote del cane con cui giocava da bambino, che ha lo stesso nome, Bucky.

In quella casa Alice aveva portato con sé i racconti di Fosco, che non aveva mai letto, per non spezzare un legame che in fondo era ancora vivo, nonostante le incomprensioni, ma poi decide di andarsene, dopo aver rivelato tutto agli amici di Fosco. Pregnante è il significato dell’ ”Atto di confidenza” che Fosco scrive al giudice, molto diverso dagli atti di separazione freddi e anonimi che erano intercorsi tra i loro avvocati. In quelle parole Fosco esprime tutto il dolore che prova perché ha perduto sua moglie senza rancore, né urti e dice una frase bellissima e intensa: “la verità è che non c’è senso alla fine di un amore”.



Pensieri Stravaganti - La grammatica del futuro tra Ninive e Babilonia

 


A cura di Mino Mastromarino

Crepuscolo della grammatica. Anzi sepoltura ignominiosa. Paolo Di Stefano ha denunciato la scomparsa della critica letteraria e la suscettibilità degli scrittori,  sintetizzando, sul Corriere della Sera di qualche giorno fa, il dialogo immaginario tra un romanziere e l’amico recensore. Di seguito la introduzione – con infortunio -  dell’articolo:  “Un critico telefona a uno scrittore per annunciargli che ha appena consegnato al giornale la recensione del suo nuovo romanzo”. ‘Suo’ è sbagliato - sic ! -  giacchè non riferito al soggetto della frase ( che, nella fattispecie,  corrisponde al recensore, non già al romanziere ). 

I possessivi (aggettivi e pronomi) servono a introdurre la relazione tra un'entità e un possessore (reale o figurato). Di sicuro, si tratta di veniale svista posto che l’autore è scrittore, giornalista, critico letterario, curatore editoriale, poeta, librettista e direttore artistico italiano. Tuttavia, siamo pervasi dall’allarmante sensazione  di un qualche rapporto tra il ripudio della grammatica  e l’attuale disordine politico, emotivo, globale, individuale. Perfino morale. La regola grammaticale – contrariamente all’opinione comune – non è  fine a sé stessa. 

Vale a edificare e tutelare una relazione, una corrispondenza. Tra nomi, verbi, aggettivi. Uomini e cose. Che hanno bisogno – tutti - di una disciplina, almeno di iniziazione conoscitiva. Screditare, svilire o addirittura abbandonare la norma grammaticale significa rinunciare al linguaggio, cioè alla relazione, alla socialità, alla comunicazione, alla connessione. Si pensi alla disgraziata locuzione “ piuttosto che”, passata dall’ appropriato  uso congiuntivo a quello insensatamente disgiuntivo.   La condizione babelica che stiamo vivendo non rappresenta solo l’effetto della cessione della sovranità personale in favore dell’intelligenza artificiale; ma è, anche e soprattutto, la   rivincita della grammatica negletta. Lo studio della grammatica permette e corrobora le competenze d’uso linguistico. Non serve a imprimere correttezza formale alla lingua usata soltanto a scuola. 

Il deterioramento linguistico attuale è riconducibile, anche e soprattutto,   al depotenziamento della grammatica tradizionale mediante la insensata sostituzione della riflessione sulla lingua madre parlata. Insomma, il destino della grammatica è in biblico bilico tra Ninive ( ravvedimento operoso) e Babilonia ( irreparabile dannazione).
Va però data prevalenza al carattere costruttivo della grammatica, e non a quello normativo.

martedì 8 luglio 2025

BiblioIlde: "Le querce non fanno limoni" di Chiara Francini


Una storia intensa, densa di emozioni, di ricordi e di dolore represso e mai esibito di una donna forte e determinata, ma che da sempre ha dovuto fare i conti con le proprie fragilità dell’infanzia, attraverso cui si è rafforzata, assumendo spesso una corazza, ma lasciando vivo il suo desiderio di protezione nei confronti delle altre donne che giungono a lei, perché non sanno dove andare e lei le circonda con un abbraccio d’amore e insegna loro a leggere dentro di sé e a non arrendersi mai.

E’ Delia, la protagonista, una partigiana che ha avuto sempre dentro di sé l’anelito alla libertà e l’ha conquistata a fatica, attraverso la sofferenza e il bisogno di affermare la propria identità.

In un’altalena di pensieri ed emozioni, un ponte sospeso tra presente e passato, i ricordi della sua infanzia, del suo gatto e del suo albero che aveva chiamato Gino, il sorriso spento della mamma con il suo sogno interrotto che aveva esaurito del tutto la propria energia, portandola sui sentieri dell’indifferenza: “i suoi occhi erano belli, ma inzuppati di lacrime”. Sua madre Sara aveva dovuto fingere di scegliere e rinunciare al suo sogno per essere sposa e madre e Delia aveva attinto a quella crepa per vivere pienamente la sua esistenza. Il suo rapporto con lei era strano eppure profondo e le trasmette il significato della musica, un’armonia che sentiva sua, ma che aveva lasciato andare in un silenzioso rimpianto: Delia deve affrontare un momento terribile di sua madre che indossava una sottana elegantissima, simbolo di una vita sognata, ma mai realizzata e ricorda che le diceva sempre di scegliere, proprio lei che non aveva potuto farlo. 

Il rapporto con suo padre, al contrario,  era complesso, anche se provava una sorta di venerazione per lui: egli manifestava la propria autorità e non accettava trasgressioni, ma in realtà si rifugiava nella lettura e alla fine era rimasto imprigionato in quella torre di libri, senza riuscire a reagire completamente a ciò che succedeva intorno. Suo padre sfogliava le pagine, ma l’ombra nei suoi occhi si era fatta tutt’uno col buio, non riuscivano a guardarsi sembrava esserci un muro. Delia amava leggere, si perdeva tra le pagine dei libri per vivere realtà e mondi diversi ed egli aveva strappato alcune pagine per evitare che le leggesse.

Una sorta di alter ego della madre è  Maria che si prendeva cura di lei, da cui si sente amata: dopo dodici anni nasce una sorellina, Gloria e Delia si rende conto che per lei, il mondo era un posto grande e pieno di promesse e la protegge, standole vicina, anche se per poco. 

L’incontro con Sandro è una sorta di “tuffo nell’azzurro”, si riconoscono, perché entrambi si sentivano fuori posto, si erano piaciuti in silenzio e si rendono conto della forza degli ideali e della necessità dell’azione: “nessuno ci darà niente, dobbiamo prendercelo, siamo spettatori di questo crollo, siamo la Resistenza”

Il 20 dicembre ’43, giorno del suo compleanno Delia aveva lasciato tutto, “fuggì da ciò che ero stata e da ciò che non avrei potuto più essere” e corse a perdifiato verso una vita diversa che teme, ma sa che deve affrontare, pagandone le conseguenze. Delia aveva compreso che non sarebbe mai stata al primo posto, sarebbe arrivata dopo ciò che è giusto e lascia che il destino si compia, attraverso il dolore e una nuova rinascita.

Il luogo in cui le vicende storiche si uniscono e si intrecciano è il Cantuccio, “un posto unico, disordinato, sano, avvolgente e sovversivo”, in cui si entrava e si poteva trovare il posto giusto per tutta quella gente “che si tiene per mano per non cadere”. L’aveva creato Delia, arrivando dalle Americhe con un televisore enorme, in un paesino della provincia di Firenze, Campi Bisenzio. Al Cantuccio si fanno donazioni, non si paga e vi è un caleidoscopio di personaggi, con idee ed opinioni diverse tra loro, ma che hanno in comune una profonda umanità e il desiderio di mettersi a servizio dell’altro, come I’Pugi che porta sul manubrio della bicicletta i rosari dei morti sepolti da tanto tempo e li conserva, in un certo senso per perpetuarne il ricordo. Tra Angela, Irma e Lettèria, si crea un rapporto di amicizia,  pur nella loro diversità e nelle loro esperienze familiari: Angela, con la sua sciarpa di seta arancione, espressione di indipendenza, figlia di una delle prime donne nere a frequentare l’università e desiderosa di vivere pienamente la sua vita, Lettèria, timida e piena di paure, Irma che una sera improvvisamente arriva al Cantuccio, chiedendo con timidezza ospitalità, perché avverte sempre un profondo senso di disagio per la sua menomazione e farebbe di tutto per essere accettata. E’ affascinata da Mauro, un ragazzo carismatico, che “dà voce a qualcosa che fino allora non aveva mai saputo di desiderare, un senso di appartenenza”: sua madre le diceva che andava tutto bene, ma lei sapeva che era una bugia. 

Irma voleva essere parte di qualcosa di grande e si avvicinò ai movimenti rivoluzionari degli anni di piombo per distruggere tutto ciò che è ingiusto. L’autrice, con profonda sensibilità, riesce a scavare nel cuore dei personaggi, portando in superficie i tormenti e i dubbi di coloro che portavano avanti la lotta armata, ma che erano entrati in un meccanismo perverso che contemplava l’uccisione di alcuni esponenti politici in nome di un ideale condiviso.

Pregnante, nelle pagine di questo meraviglioso libro, è la riflessione sulla condizione della donna e sul concetto di vergogna che è “il primo mantello che ti mettono addosso per controllarti” e sul pericolo della sottomissione, che ci allontana dal nostro io più autentico, perché non ci fa pensare in modo libero.

Un elemento fondamentale è l’importanza dei diari che Delia e Irma si scambiano, verso la fine del libro, una condivisione di pensieri, in cui si comprende che “la solitudine è uno stato sublime in cui si possono raccogliere le proprie idee” ed è necessario serbarle come un tesoro nascosto.

Ilde Rampino



lunedì 7 luglio 2025

The Moonlight's Verses - Beatrice Zerbini

 


A part of you, the part

that has pupils of a beast without a pack

or of the children 

behind churches

has remained inside me;

every now and then I look out and over there 

a yelp rises and 

all the way here flies the look 

of a missing ball

beyond another courtyard;

then I observe you, I cast 

a smile at you that is 

a grip

or a mother that calls you, that tells you

to come back before it gets dark.



Una parte di te, la parte

che ha pupille di bestia senza branco

o dei bambini

dietro le chiese

mi è rimasta dentro;

ogni tanto mi affaccio e laggiù

si alza un guaito o vola

fin qui lo sguardo 

di un pallone sparito

oltre un altro cortile;

allora ti osservo, ti lancio

un sorriso che è

una preda

o una madre che ti chiama, ti dice

torna prima che faccia buio.