L'ULTIMA LUNA - Recensione di Ilde Rampino



Questo libro è la rappresentazione in parole dell'anima dell'autrice che ci conduce per mano, scandagliando le varie sfaccettature del cuore umano, in un percorso che si dirama e si riflette nelle varie immagini che lei descrive e che magicamente si concretizzano, anche in modo molto crudo e disperato, ma che danno il senso di un dolore che nella maggior parte dei casi non si riesce ad esprimere, si tiene dentro, come un compagno scomodo, di cui non si riesce a fare a meno. 
L'amore è delineato in vari stadi, ognuno con un proprio spazio, che assorbe il tempo del pensiero e si trasforma pian piano: la metamorfosi dell'amore diventa una sorta di creatura quasi metafisica che addenta l'anima, è una sensazione fisica che consuma e si apre all'altro con voracità, quasi dilaniandolo. Non ha la leggerezza di un sentimento, ma è come se afferrasse la parte più intima e fragile, mentre la disperazione di un amore venduto si trasfigura attraverso parole dense di significati reconditi che si immergono nel magma incandescente del dolore e della natura e ne escono purificate, conservando tuttavia tracce e cicatrici  di ferite indelebili.
L'autrice riconduce tutti i suoi monologhi a un'idea ciclica che permane l'odierno senso della vita, la difficoltà di condividere i propri sentimenti e, in un certo senso il rifiuto di ascoltare l'altro e anche se stesso,  non fermandosi  a guardare l'altro e ciò diventa una mistificazione di un sentimento importante, ma che si può spezzare o ridurre a brandelli a contatto con la realtà. La sua “anima allo specchio” riflette i sogni spezzati e le speranze deluse delle donne, costrette a vivere sentimenti non autentici.
L'amore viene vissuto e rappresentato, attraverso i pensieri frammentati, come una malattia, che non si riesce a definire, ma scava dentro di sé, con immagini vivide che danno un profondo afflato emotivo e ci circondano in un abbraccio che sottende tuttavia un'unione e un senso di condivisione e di speranza.
La violenza estrema, pervasa di veleno, come una cicuta, viene così descritta in modo vivido e forte, ma tuttavia mascherata da immagini, perchè è qualcosa che va al di là dell'essere umano, non dovrebbe esistere e l'autrice ne sfuma i contorni, creando una metamorfosi e dando voce a chi non ce l'ha. Vengono espresse tutte le varie sfaccettature del dolore di una donna e del suo eterno sacrificio, la dignità di donna vituperata e umiliata dalla necessità di un guadagno, ma che a volte diventa una maschera, per quanto deformata e irriconoscibile, dietro cui nascondersi.
Le storie, flash intensi su un percorso di vita personale, denso e pregnante, delineano l'inizio di un attimo senza fine, qualcosa di transitorio, che vorremmo fermare, mettendo delle dighe all'anima e legando metaforicamente coloro che amiamo, alla nostra vita. Bisogna far scaturire in noi la necessità di accettare la nostra debolezza, che a volte si trasforma in forza, “lasciarsi andare” senza perdere mai la speranza, ma soprattutto vivere nel sogno che si è costruito con l'innocenza e la spensieratezza della giovinezza, nonostante quello che ci circonda.
A volte sembra come se due mondi, quello della realtà vera e quello di una realtà diversa, immaginata o al di là della vita, si intrecciassero e si prendessero per mano ed è necessario compiere “giri enormi alla ricerca di risposte” che nessuno può darci.
L'autrice, attraverso un uso sapiente e immaginifico delle parole, “tessitrici di una storia” fa rivivere con grande sensibilità eroine mitologiche, in cui far palpitare e condividere i propri segreti e sensazioni.
Si avverte, attraverso le pagine del libro una sensualità profonda, ricreata con un linguaggio apparentemente semplice e al tempo stesso evocativo di una realtà che viene imprigionata dalla quotidianità e dalla cattiveria umana che a tratti sconfina con la malvagità, in cui viene “ ridotta a brandelli la speranza” a causa della violenza perpetrata ai danni di una donna, in cui l'autrice si immedesima profondamente , dando il senso di una paura e tensione continua. 
L'uomo appare come un carnefice, non soltanto nell'atto di violenza, ma anche nell'insensibilità nei suoi confronti, non dandole il valore che merita come persona, oltre che come donna.
Suggestive sono le pagine, in cui è evidente il desiderio di colmare un vuoto attraverso il senso di appartenenza a qualcuno,  anche se spesso si viene ignorati o addirittura rifiutati, il senso profondo e disperato di abbandono, descritto con un'incredibile senso di fisicità, in cui il palpito dell'emozione si introduce improvvisamente a creare un'antitesi e una frattura che si dirama nell'anima. 
Vi è il bisogno imprescindibile di riprendersi le proprie radici che la vita ha staccato irrimediabilmente, si prova nostalgia per chi si è perduto e un senso di “timorosa schiuma di questa immensa assenza”.
La figura della donna, tracciata in questo meraviglioso libro, non è altro che un simbolo della perdità di identità dell'essere umano in generale, la sua difficoltà nell'adeguarsi ad una società che lo incasella in ruoli definiti e che spesso si trasforma in solitudine e nello “scomparire” dalla vita, diventando un INVISIBILE.
Le scene strazianti e crude che l'autrice non si esime dal descrivere, il sanguinare perenne delle ferite dell'anima che non riescono a rimarginarsi, sono espressioni di una crudeltà che diventa sempre più efferata. 
La cronaca di attentati che hanno maggiormente colpito il nostro cuore, come quello a Giovanni Falcone, o il disastro di Marcinelle, i martiri di mafia che lottano per avere finalmente giustizia, lo sguardo terrorizzato dei bambini in mezzo alla violenza della guerra, l'innocenza schiacciata e deturpata, le cui sensazioni l'autrice traccia con estrema sensibilità e acume, sono immagini terribili, ma che non devono creare un muro, ma trasmettere un messaggio che va al di là dei singoli eventi, un messaggio di Speranza, perchè l'essere umano deve “ritrovare l'anima che ha perduto”.



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