SCIOGLIAMO - La verità su Lazzaro



"Colui che tu ami è malato" furono quelle le parole, dette con il terrore nella gola, con la paura di non essere compresa. Paura che divenne solida certezza quando, nonostante quella disperata richiesta, Lui non si mosse. La speranza che, improvvisamente, si denuda dell’ultima benda e secca al sole. Eppure, soltanto quando la morte fece il suo banchetto di dolore Lui decise di mettersi in cammino e, quando arrivò, lo trovò che era “da quattro giorni nel sepolcro". Era credenza che lo spirito stesse per tre giorni nel sepolcro, fintanto che si riconosceva nel volto del cadavere. Poi, dal quarto giorno, quando il processo di decomposizione era in stato avanzato e lo spirito non si riconosceva più nelle sembianze del morto, abbandonava il cadavere, abbandonava il sepolcro, scendeva nello Sheol (Ade o Inferi), una caverna sotterranea dove tutti, si credeva, andassero a finire. Eppure Marta non aveva capito. O forse non era in grado di capire chi aveva davanti e, nella sua richiesta senza esito, è tormentata e sconvolta dall’infinita tristezza per la perdita di Lazzaro, suo fratello. E neanche comprende quando si sente dire: “Tuo fratello risusciterà". A questa affermazione replica riportando, quasi con spocchiosa saccenza, gli insegnamenti della sua religione: "so che risusciterà nell'ultimo giorno". Infatti era scritto che dopo la morte lo spirito scendeva in quella caverna sotterranea e lì avrebbe atteso l’ultimo giorno della storia, non si sapeva bene quando, per la resurrezione dei giusti. Ma da quello che Gesù le risponderà si aprirà una porta. La porta della storia. La porta che segnerà l’ingresso dell’umanità nella fede. "Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà" e rivolta a Marta le chiede: "Credi tu questo?". Ed ecco la metamorfosi. L’evoluzione e la crescita. Il germoglio della fede che fa capolino dal terreno, appena franato ed in dissesto per la tragedia della morte. Ecco il passaggio dall’insegnamento religioso alla fede. Non più quello che è scritto e tramandato ma l’adesione ad un messaggio diretto, l'accettazione di una realtà invisibile, non immediatamente evidente. Messaggio che viene accolto come vero nonostante l'oscurità che l'avvolge. Nonostante il buio dello sconforto, generato dal trapasso della vita alla morte. "Sì, o Signore, io credo". In quella risposta si apre il tragitto che Gesù le ha chiesto. Di passare dalla religione, che ancora la condiziona, alla fede. Allora esorta:"Togliete la pietra!" ma Marta lo ferma: "Signore, puzza: già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni". In quella replica, in quella reazione impulsiva, si vede la fede che vacilla di fronte alla realtà tangibile. “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?”. Gesù sferza uno schiaffo morale alla sua titubanza. Ed in questo, nella vita capace di superare la morte, si manifesta la gloria di Dio, si rende visibile l'azione del Padre. Eppure Marta non può vedere tutto questo fintanto che non crede. E solo se crede, vede. La resurrezione di Lazzaro è quindi condizionata alla fede di Marta: "Se credi vedrai la gloria di Dio". La resurrezione può essere vista solo da quanti hanno creduto; quanti hanno fede hanno visto Lazzaro risorgere, quanti non hanno fede non vedranno niente. Così la pietra venne tolta e Gesù, alzati gli occhi al cielo disse: "Padre ti ringrazio" e da questo termine prese corpo il concetto di Eucaristia". Il Pegno di immortalità e sacramento di Comunione con Cristo. Poi gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori” ed Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolte da bende, il volto coperto da un sudario. In quel momento la fine si tramutò in principio. Il prigioniero della morte uscì fuori e Gesù ordinò “scioglietelo”. Perché? Perché erano gli uomini che lo avevano legato alla falsa concezione della morte. Morte come fine di tutto. Come distruzione della materia, della persona. Morte che lega il corpo in putrefazione ma dimentica l’anima. Morte che costringeva i suoi cari a piangerlo come morto. Ed ecco l'ultimo invito di Gesù: "…e lasciatelo andare". Questo l’incipit del cammino di Lazzaro e del cammino di tutta l’umanità. Gesù non lo restituisce ai suoi ma lo lascia libero. Libero di andare perché Lazzaro è già dal Padre. Sono Marta, Maria e la comunità cristiana che devono lasciarlo andare, senza trattenerlo nella morte. Finchè piangiamo la morte delle persone care le teniamo legate. Sciogliendo il morto la comunità si scioglie dalla paura, libera l'individuo. Lazzaro doveva continuare la sua vita ed il suo cammino nell’immensa sfera dell’abbraccio amorevole di Dio, in un crescendo di gioia, pace, dedizione. I nostri morti sono già nella pienezza dell'amore di Dio: siamo noi che dobbiamo cambiare mentalità. Non dedicarci ossessivamente ed esclusivamente al culto dei morti ma entrare in comunione con i vivi. Fintanto che piangiamo i morti siamo noi stessi legati e, con quei lacci, tratteniamo anche la persona defunta. La tratteniamo nella nostra disperazione, nel nostro dolore, nei nostri pianti, impendendo di continuare il  cammino nella gloria di Dio. Per questo l’invito di fede, difficile ma necessario, è “Sciogliamo”. Sciogliamo la paura ed affidiamoci alla fede, al messaggio di speranza che in esso è custodito. Perché la morte non è l'ultima parola sulla sorte umana, è la risurrezione la meta ultima. Perché è la Risurrezione la risposta alla lunga ricerca del popolo di Dio e del suo abbraccio eterno.  

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