FORSE E' STATO SOLO UN CASO



Su questo siamo d’accordo. E’ vero, la vita può essere difficile, severa e piena di ostacoli. Ma sono questi ostacoli a farci grandi, anche quando ci annientano. Quando davanti a noi si aprono due strade, quando ci sono delle scelte da fare è allora che si crea la frattura del mondo in due parti, da un lato i buoni, dall’altro i cattivi. Chi sceglie deve essere considerato un uomo, non importa quale delle due strade scelga. Chi ha deciso lo ha fatto assumendosi tutte le conseguenze. Mi chiamo Davide, sono un partigiano, ho scelto la libertà e la liberazione come condizione per la mia redenzione. Sapevo che questa terra aveva bisogno di sacrifici e se ero in grado di tenere in mano una pistola allora potevo combattere il fascismo. Avrei dato la mia vita per la liberazione. Avrei donato, senza lesinare, tutto il mio sangue alla resistenza. Non fate l’errore di pensare che partigiano significhi essere soltanto “un comunista”. Nella resistenza al fascismo una componente molto significativa fu quella cattolica. Io ero uno di quelli. Aiutavo Don Mario nella sagrestia e spesso tenevo lezioni di catechismo ai bambini. Avevo tre figli piccoli e mia moglie era morta sotto i bombardamenti. Avrei potuto scegliere solo una strada e quella scelsi. Così decisi di diventare un combattente armato. Non facevamo parte di un esercito regolare. Organizzati in bande tentavamo di fronteggiare il dominio tedesco e di ingaggiare quella che molti chiamavano la guerra “asimmetrica”. Non eravamo soldati. Eravano legati alla difesa del nostro paesino, delle nostre genti, dei nostri luoghi, delle nostre mura di casa. Ettore, invece, scelse di lottare dall’altro lato. Decise di essere un figlio di Salò. Eravamo compagni di scuola, avevamo trascorso buona parte della nostra infanzia a dividerci ogni tozzo di pane. Eravamo amici e ben presto saremmo diventati nemici. Ettore voleva seguire Mussolini, diceva di aver scelto l’Italia, il suo governo. Diceva di essere dalla parte del giusto, idealizzava la rinascita di una minoranza che ben presto sarebbe diventata, nuovamente, maggioranza. Era senza timore e senza paura. In questo eravamo uguali. Ognuno di noi si è battuto sino alla disperazione credendo di avere la ragione assoluta dalla propria parte. Con Ettore ci siamo affrontati a viso aperto. Entrambi avremmo dato la vita per un ideale, giusto o sbagliato che fosse a questo punto non ha più importanza visto il corso che ha preso la storia. Eppure, avevamo lo stesso sangue che scorreva nelle vene, gli stessi tratti italici, la stessa pelle. Abitavamo poco distante l’uno dall’altro, ci separava l’idea. Io avevo nei cromosomi l’idea della liberazione dal Nazi-Fascismo, lui aveva impressa a fuoco l’idea della supremazia e della lotta a fianco dei Tedeschi. Due concetti che avrebbero portato all’implosione della nostra amicizia e della vita di uno dei due. Eravamo nati nello stesso paese, da bambini sognavamo e giocavamo come ed insieme agli altri. Correvamo lungo le strade storte rincorrendo la spensieratezza come una farfalla multicolori. Andavamo alla stessa scuola. Qualche volta bigiavamo per andare a nuotare nei campi di grano. Siamo cresciuti con persone simili a noi, ma oggi siamo giudicati diversi. Io il ragazzo della resistenza, il partigiano, lui il ragazzo di Salò, il fascista. Alla mia voce si può associare la voce di chi ha vissuto ed è morto per la resistenza e non solo, si può aggiungere la voce anche di chi ha perso. Per entrambi vivere la vita ha significato viverla fino al limite nella maniera che ognuno pensava essere giusta. Oggi non voglio parlare delle ragioni, quelle erano e sono ragioni che si possono giudicare positivamente o negativamente a seconda dei punti di vista. Le mie ragioni erano quelle della maggioranza del mondo civile che provava orrore e sconcerto per l’ideologia razziale ed antisemita della suprema razza ariana, per le violenze mortali subite dagli oppositori al regime. Ora vorrei spostare l’attenzione sulla vita dell’uomo e non penso che possa esistere una morte giusta o sbagliata. La morte, qualunque uomo rapisca, va considerata con timore e rispetto. Nessun cambiamento importante è posto in essere senza lacrime, senza dolore e senza spargimento di sangue ed il 25 aprile ci dovrebbe far comprendere non solo che i regimi e la tirannia andrebbero combattuti con ogni mezzo, ma soprattutto dovrebbe farci astenere dal giudicare semplicisticamente gli uomini e le loro scelte. Giudichiamo la vita umana e teniamola elevata, sempre e comunque, sopra ogni cosa. La vita di ognuno è idealmente suddivisa in due casi: chi vince e chi perde. E forse è stato solo un caso se io ho vinto, sopravvivendo, mentre lui è morto sconfitto. Per questo ancora oggi mi sento di dire, senza retorica, senza timore di essere smentito: viva la Resistenza e viva l’Italia libera.

SEGRETAMENTE IMPRIGIONATA

Come l’inverno con le sue corte giornate, come l’estate con le sue torride mattine, come la primavera con la pioggerella del primo meriggio, come l’autunno con il dipinto che lascia il giorno al trapasso della sera, così vorrei appartenere ai tuoi anni, al tuo passato, al tuo presente e diventare la predizione del tuo futuro. Amore mio, prima che la tua vita si legasse al mio triste percorso, prima che la tua benedizione arrivasse a detergere la fronte e l’anima inquieta, prima di ogni cosa era ancora separata la spuma dall’onda del mare, il corallo era ancora privo delle note rubiconde e orfano della preziosità degli intarsi, gli occhi erano incapaci di trattenere anche solo momenti di quiete mentre tutto il resto scivolava come imbrigliato nella corrente delle lacrime.
Ma quando il tuo arrivo ha dischiuso la soglia del mio cuore, quando risvegliandomi ho assaporato il dolce nettare delle tue labbra, quando il calore che emanava il tuo cuore è trasmigrato a portare ristoro al mio freddo supplizio, allora ho ritrovato il sapore del mondo, il gusto perduto, ed il tuo bacio mi ha totalmente circondata senza darmi via di scampo.
Così per tutta la notte, stretta nei tuoi rami rigogliosi, ho abbandonato me stessa al tuo dominio. Nella inesplorata natura selvaggia delle tue isole segrete ho trovato il medicamento e la cura, il balsamo e l’essenza di giovinezza.
Ed anche se fossi stata circondata da fuoco ed acqua lo stesso avrei provato a superare quegli argini solo per il piacere di essere tua, totalmente.
Lo sai, non sono capace di sognare se non di te, ed ogni visone onirica o semplicemente miraggio mi devasta nella tregua del risveglio. Ma quando il giorno mi ha scippato il tuo ritratto dalla mano, mentre provavo a delineare con le dita il profilo che il tuo corpo lasciava sulla parete, allora ho avuto il dono della tua presenza nel braccio che mi cingeva il corpo.             
Grazie a te l’illusione non vive più di notte, le strade conducono sempre alla tua dimora, i viaggi iniziano e finiscono nel confine del reale, nei luoghi e nelle città che abbiamo veramente vissuto mentre il canto del vento accoglie l’arrivo della mia nave nel tuo porto calmo.
Se solo riuscissi o potessi spiegarti quello che sono stata, prima di te. Quella che è apparsa essere stata la mia esistenza al resto del creato, quella che è stata la mia tristezza… allora tu stesso mi diresti di cancellare, come una mano che sfronda l’umidità da una finestra chiusa, tutto quello che ha generato il tempo andato.
Nel tuo essere vivo ed esisto, in esso rimarrò...segretamente imprigionata fino alla fine dei miei giorni.

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