Lettura critica di "Una storia senza fine" a cura del Prof. Avv. Ciro Punzo

Prof. Avv. Ciro Punzo 

Non Vi nascondo che ho letto questa monografia “tutta in un fiato”, al fine di conoscere la storia di Asmarath, Agape e Teleyte, protagonisti di una storia “attuale”, in quanto si interrogano, implicitamente ed esplicitamente, sulla lunga lotta tra il bene ed il male. E qui intendo risaltare la bravura dell’autrice, ossia la capacità di alternare le arti poetiche e narrative in un crogiolo per nulla stancante, anzi ricco di pathos, al fine di arrivare alla conclusione, per nulla scontata, che ciò che può sembrare una fine, in realtà è un felice inizio. Già da pag.3, il libro intende manifestare la necessità di ognuno di noi di interrogarsi sul proprio io. 

Infatti, a parere dello scrivente, è evidente l’ossimoro presentato “nel sentiero del cuore pianterò il seme dell’amore estirperò la rabbia adagiandola sulla sabbia…nella culla della solitaria luna chiederò asilo alla fortuna…”. Questa certezza/incertezza caratterizza proprio l’essere umano, che deve conoscere cosa succede dentro di sé. Utilizzo il verbo dovere, proprio perché in ognuno di noi è presente una bussola che ci guida nel compimento delle nostre azioni e solo prendendone veramente coscienza, l’essere umano può essere quel seme descritto dall’autrice a pag. 59 “…Pur sommerso dalla nuda terra riesce a crescere, riemergere, fruttificare”. Solo in questo modo, i propri figli possono prendere come modelli i propri genitori e continuare il percorso morale iniziato dai secondi. Ecco quindi come dalla “…conclusione dell’esistenza del seme, può germogliare un nuovo fusto”. Per acquisire, però, questa convinzione è necessario che ognuno di noi sia un originale di se stesso e non una fotocopia di un’altra persona…occorre che ognuno di noi, alla fine della giornata, si interroghi sul proprio operato o sul modus operandi del giorno seguente, proprio come fa la protagonista a pag. 55 “Stanotte ho visto la luna tingersi di rosso, le nubi accostarsi piano come una coperta di nebbia che non lascia passare la luce ma solo la forma. In essa ho visto l’immagine dei peccati che mi tormentano es i demoni che cercano di sorprendermi, ogni volta, con occhi affamati di perdizione. Nulla ho avvertito, se non il tormento, che penetrava nel mio cuore e mi lasciava senza fiato. Quanta crudeltà nella visione di un mondo che non potrà mai appartenermi se non alla fine dei suoi giorni. Di quanti giorni saprei accontentarmi se ancora ne avessi!”. Ecco quindi la supplica verso il Signore, che aiuta la protagonista intervenendo non dall’esterno, ma nel profondo del proprio io e le fornisce quella consapevolezza di appartenere al bene. Tale rapporto si può esprimere in questo assioma fondamentale: nella luce della rivelazione di Dio in Gesù si dà una circolarità tra l’esperienza e l’intelligenza di Dio Trinità e l’esperienza e l’intelligenza dell’umano in tutte le sue espressioni7. Circolarità, dunque, tra la dimensione teologica (visione di Dio Trinità) e la dimensione antropologica (visione dell’uomo, comprendente l’aspetto sociale e cosmico) della Sapienza.

Circolarità significa che si dà un rapporto di andata e ritorno, un continuo feedback interpretativo, tra il modo in cui vediamo Dio e il modo in cui vediamo l’uomo e il mondo. Vedere significa qui (nell’accezione classica della teologia e della filosofia) contemplare e comprendere e agire di conseguenza. Si potrebbe dire: dimmi chi è il tuo Dio e ti dirò quale tipo di persona umana sei e vuoi essere; ma anche il contrario: dimmi quale immagine della persona umana hai e ti dirò chi è il tuo Dio. Infatti, quanto più conosci Dio tanto più conosci l’uomo, quanto più conosci l’uomo tanto più conosci Dio. Lo si può esprimere con un principio formulato da Klaus Hemmerle: bisogna scavare in Dio fin quando vi si trova l’uomo e bisogna scavare nell’uomo fin quando vi si trova Dio. Qualcosa di simile l’ha detto Papa Francesco nel registro dell’ascoltare: «Chiediamo il dono dell’ascolto: ascolto di Dio,  fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarci la volontà a cui Dio ci chiama» (4 ottobre 2014). Abbiamo affermato che se – alla luce della rivelazione in Cristo – scaviamo nel mistero di Dio alla fine vi scopriamo l’uomo. Perché? Quale ne è la ragione profonda?

La ragione è che il Dio di Gesù è un Dio che è Abbà, Padre, un Padre che cura, anzi che è Amore. E amare vuol dire vivere l’altro, e cioè riconoscere e promuovere l’altro come altro in un libero e gioioso legame di unità e di distinzione con e da sé. Il Dio di Gesù, infatti, è Abbà che ha un Figlio e questo Figlio si fa carne. È, quindi, un Dio che porta nel suo cuore l’uomo affinché egli sia se stesso in una relazione con Lui che è quella stessa del Figlio col Padre suo.

È così che quando “scavi” in Dio trovi l’uomo: perché l’amore di Dio, il tutto di Dio, è l’uomo. Tant’è vero che Egli, in Gesù, ha dato la sua stessa vita per l’uomo. Lo ha creato e lo ha amato sino alla fine nell’abbandono. Dante Alighieri, nel XIII secolo, nella sua Divina Commedia, descrive il viaggio “intorno all’uomo” (per dirla con un grande saggista contemporaneo, S. Zavoli) che si compie infine in Dio come destino ultimo. Il canto che chiude la terza cantica svetta nella contemplazione della Trinità. E come descrive la Trinità il grande poeta? Come tre cerchi di colori diversi che però hanno uno stesso contenuto: tre cerchi “di tre colori e d’una contenenza”, dice Dante nell’italiano del suo tempo. La contempla, la Trinità, come in estasi, e vede nel secondo cerchio – il primo è il Padre, il secondo è Gesù, il Figlio, il terzo è lo Spirito – una figura di uomo: perché Gesù è il Figlio che si fa uomo. Quindi, la contemplazione della Trinità è tutt'uno con la visione dell’uomo nel cerchio centrale, nel medium – come lo chiama San Bonaventura – della vita trinitaria. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: scava nell’uomo e alla fine vi troverai Dio. Ciò significa che se scavi dentro l’esperienza umana, nell’interiorità (Agostino lo mostra molto bene), alla fine – anche per chi non lo sa, anche per chi sta cercando ma non ha ancora raggiunto ciò che cerca, addirittura anche per chi lo nega – trovi Dio: che appunto è più intimo a te di quanto tu lo sia a te stesso.

Ma questo vale anche per i nostri rapporti: che, quando sono veri, trasparenti, sono abitati da Dio. Il fondo e l’orizzonte ultimo dei nostri rapporti – la nostra ricerca ed esperienza dell’unità a livello intersoggettivo, sociale, cosmico –, il loro segreto, è Dio: Dio in noi, Dio con noi. Emerge, quindi, la necessità di interrogarsi e di conoscere veramente se stessi. Solo in questo modo, l’essere umano potrà partecipare in maniera attiva alla costruzione del progetto salvifico del proprio Padre ed essere vicino al medesimo. Solo quindi con la fiducia in primis in Dio (come fa la protagonista) , successivamente in noi stessi e nel prossimo, possiamo creare una fiducia reciprocante, ossia uno strumento di vera fraternità. Ma per essere al servizio del prossimo, risulta necessario essere liberi ed eguali, proprio come Teleyte e Agape. Lo splendore di questo libro ci insegna che nulla può resistere al sacramento dell’Amore, che ci rende forti ed invincibili di fronte al male. Solo con l’Amore, l’essere umano può prestare aiuto nei confronti del proprio fratello bisognoso. Nel fare vissuto nella reciprocità dell’amore, ognuno di noi può raggiungere quel silenzio, quella cella interiore in cui la Parola di Dio parla e comunica con noi stessi, strappati però al chiuso della propria individualità. Per opera dell’amore reciproco con ogni fratello e sorella, ogni essere umano si troverà in una nuova interiorità che io chiamo “dilatata”, interiorità che mi libera realmente dai limiti dell’io e fa presente, esperienzialmente, come mia vera realtà: «Non sono io che vivo ma Cristo che vive in me».

👉Breve biografia del Prof. Avv. Ciro Punzo: Docente in Diritto Ecclesiastico presso la Link Campus University; Collaboratore del Seminario degli Studi Filosofici "P.Orlando" Pontificia Università Teologica dell'Italia Meridionale, sez. S. Tommaso d'Aquino (Na); Dottore di ricerca in Scienze Economiche e Politiche ; Dottore di ricerca in Diritto Canonico.

Federico Barbieri legge alcuni brani tratti da "Una storia senza fine"


Federico Barbieri, giornalista e scrittore, legge alcuni brani tratti dal mio ultimo romanzo: "Una storia senza fine" Delta 3 Edizioni 2021. 

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