Perchè cercate tra i morti....
Dalla Rubrica "Lettere dal sentimento"
di Emanuela Sica
Corriere Irpinia 24 aprile 2011





2011 anni fa. “L’alito del mattino trasmigra in me come se fossi tu a respirarmi nelle narici. Padre, sei ancora qui, non mi hai abbandonato. L’aurora del nuovo giorno sembra risucchiare ogni cosa, la notte, il tempo trascorso, le voci, le grida, il dolore. Il sole bussa alla mia porta ed io voglio lasciarlo entrare. Mi chiedo come sia possibile che riesca ad alzarmi da questo letto di pietra.
Quando mi avevano deposto nelle braccia di mia madre, non ero che un brandello di sangue, chiodi e spine. Le sue lacrime lavavano il mio volto tumefatto, scivolavano sul collo, tracciavano le sue sofferenze, la sua disperazione, eppure io non potevo muovermi, ero completamente avvolto dalla morte, asfissiato nei respiri, divorato dall’assenza della vita. E ora che queste membra si sollevano dal sepolcro è come se avessi un corpo nuovo. Non risponde alle mie incomprensioni, si muove già sapendo dove andare.
Ha i segni della flagellazione, del martirio, ma senza la sudicizia del sangue raggrumito. Il telo che mi avvolgeva, come una coperta di lacrime e balsami profumati, si apre vaporosamente come se qualcuno avesse alitato calore. Il trapasso dal lino alla posizione eretta avviene con un bagno di luce senza pari. È così intensa e radiosa che lo colora leggermente, come una bruciatura impercettibile, in tutta la sua dimensione.
Tessitori ebrei hanno creato questo telo per me. La macellazione del corpo, il supplizio infertomi con tanta violenza, il sangue ed i coaguli delle fustigazioni, ogni cosa, doveva essere avvolto e custodito in quella stoffa. Ogni piccolissima particella del mio corpo, ferita stessa del costato che ha aperto il mio cuore, sono sigilli impressi a fuoco su quelle fibre di lino. Eppure, nella sindone non troverete alcuna traccia di putrefazione, poco sono rimasto nel sepolcro, dalle sei del venerdì sera all’aurora della domenica. Trentacinque ore di silenzio e di sonno, come se non fossi vivo.
E quando mi sono sottratto alla fasciatura della sindone, senza alcun movimento fisico del corpo stesso, è come se fossi letteralmente passato attraverso il lenzuolo. La resurrezione è iniziata stamattina, Padre risalgo sino al tuo cospetto.”
2011, oggi. “E’ chiaro, lo dice l’osservazione dei coaguli di sangue”, disse la dott.ssa alzando gli occhi dal microscopio. Enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli e una volta secchi erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca.
“Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto. Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso e questa non è una qualità fisica dei corpi naturali, corrisponde solo ad un caso storico, così come narrato dal Vangelo.” Gli altri esperti rimasero in silenzio.
La dottoressa continuò: “Abbiamo riscontrato una bruciatura superficiale del lino, questa nasce dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo, l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo. Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile.”
Tra i presenti, una persona dai tratti somatici quasi riconoscibili, si avvicinò alla dottoressa, la fissò per un istante e poi disse: “Il corpo di Gesù ha acquisito qualità fisiche nuove, non più definite. E’ il corpo glorificato, divinizzato dopo la resurrezione. Posso ritornare nella sindone così come sono uscito, fondermi in essa, lasciare ancora una traccia della mia esistenza. Non abbiate paura...”
Dopo quelle parole svanì in una bolla di luce, una scia brillante si incuneò nella teca della sindone facendola gonfiare per un istante per poi ricomporsi nella staticità di sempre.
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato» (Lc 24,5-6)


L'eco nel cuore

Tratto dalla Rubrica "Lettere dal Sentimento"

di Emanuela Sica - Corriere Irpinia 8 maggio 2011



Piccola, forse meno di un granello di sabbia ma grande da travolgere ogni tuo respiro. Nel tuo grembo caldo ho assaporato la vita, il dono più autentico che una persona può fare. Generare il battito di un altro cuore, il respiro di altri polmoni, le visioni di altri occhi.
Nei tuoi sogni vivevo, prima ancora che nella tua carne, dalla placenta ho attraversato la strada che mi ricongiungeva alla terra che abitavi e li mi sono fermata. Quando mi hai messa al mondo sapevi già quanto ero importante per te. Io, invece, non sapevo chi fossi. Poi, quando da una cellula infinitamente piccola mi sono tramutata in carne ed ossa, ho atteso che il cuore mi parlasse di te. La storia di questo amore è ancora dipinta sulla mia pelle, scorre nelle mie vene, ossigena ogni cosa.
Il sangue di chi ti ha generato non si perde mai, ritorna sempre al cuore. Nei reticoli di questo mio muscolo pulsante tu rimani e rimarrai imprigionata per sempre. La mia nascita è stata un miracolo, quando ancora non riuscivo a vedere cosa era il mondo la tua dolcezza mi ha tenuto al riparo dalle prime tempeste. Quante notti sono stata viva senza capire. I giorni, i mesi, gli anni, passati come in volo sulla nostra esistenza.
Ero solo un neonato, poi una bambina, una ragazza, ora una donna. Ero nuda e mi hai coperto di saggezza, devozione e speranza. Mi hai regalato uno sguardo silenzioso sulle cose, le parole della notte. Le perle del mattino erano i tuoi occhi che mi chiamavano al risveglio. L’immagine di cosa sarebbe stata la mia vita senza di te non voglio tenerla in conto. Ho ancora nella mente le voci, i suoni, i profumi della tua terra fertile, del tuo mondo materno: le ninne nanne, le risate, le attese silenziose per ascoltare le prime cicale, il fruscio delle pagine dei libri che leggevi ogni sera, quel profumo inconfondibile sul cuscino.
Lo sai, i ricordi non si affievoliscono quando l'infanzia è ricamata con fili d'oro e tu sei stata la sarta che ha cucito, con sapienza e devozione, ogni mio piccolo istante di vita. Sei stata la compagna più fedele in questo viaggio e lo sei ancora. Neppure il dolore, che cesella il corpo con violenza, riesce a portare via quegli istanti.
Essi divagano in quelle caverne buie come sentinelle di frontiera, staminali che ricostruiscono le volte distrutte dalle battaglie che ho perduto.
Tumultuosi, nei momenti più tristi, si frappongono davanti alla disperazione per donarmi nuova linfa. Sei polline di fiori, di una primavera delicata, attaccato alla mia anima. La nutri in silenzio. L'amore che ci unisce è così forte, così infantile, che è quasi come se non fossi uscita mai dal tuo grembo.
È un amore primordiale, istintivo, che neppure il tempo cancella.
Ed anche se domani dovessi perdere la parola, se gli occhi mi abbandonassero, se le membra si raffreddassero come in un inverno gelido, fatto solo di sussurri silenziosi quanto incomprensibili, ricorda che il tuo volto, il tuo sorriso, il tuo amore, continueranno a scaldarmi l'anima sofferente ed anche se non riuscirò più a dirti : "mamma ti voglio bene" tu lo intuirai e ne sentirai l'eco nel cuore.

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