Già. Giampiero Francese
E' un viaggio dell'uomo che "si perde, poi ritorna e poi ti guarda" quello di Giampiero Francese*.
Un movimento che si compie dal centro del mondo sino alla "casa", all'amico, alla parte migliore di noi stessi.
Il percorso è in simbiosi con l'anima dell'uomo, autenticamente reale. Parte dal cuore e si spinge nel respiro, poi ritorna alla terra e dalle "spighe di grano" arriva fino a setacciare il "mare" con un'eleganza che "cammina sopra le stagioni senza certe paure che han bisogno di canzoni".
Per queste ragioni è anche poteicamente sonoro, si sente sulla pelle, lo si avverte concretamente, quel "vento che spinge", nella "danza" della "neve sospesa sull'asfalto", nella "vita" che ci "lascia" nell'alba "zigana".
Il cantautore si "ferma come se si fermasse il tempo, come se di colpa si fermasse tutta la gente del mondo" per fissare la "bellezza di una ginestra" che spiega quanto sia complicato morire. E se la ricerca è incessante, l'aspirazione dell'amore è quasi mai pago del desiderio. Così si comprende l'incertezza della conoscenza, del sapersi e del covincersi che nel silenzio si può creare la salvezza dell'uomo che "ha imparato a perdere" nel raddoppio dei passi che portano alla "guerra" che, però, un giorno "finirà" così come "finirà questo dolore, questo puzzo di sudore".
E nel paesaggio (probabilemte a metà strada tra l'onirico e il vissuto) appare, magicamente, anche Matera, così "bella e piena di pazienza". Un locus che resta immobile ma, allo stesso tempo, si muove nello spazio lunare come un "bambino sul terrazzo che mangia una pesca". Fanciullezza che si perde, che si allunga sui sentieri della morte, che si lascia andare al malinconico travaso della vita nell'aldilà, nella canzone Iman, infreddolita e incapace di mutare l'orrendo destino che l'attende, dentro un cappotto che nulla potrà fare per salvarla da una guerra ingiusta e che, inesorabilmente, miete vittime innocenti.
In ogni canzone, si assiste ad una crasi di corpo e coscienza, di materia e immateria, di cose lasciate e ritrovate, mentre danzano le parole, con la voglia di "ballare" e il desiderio di "vivere" senza...(che cosa?).
Forse l'aspirazione più carnale, che scende nell'osso, è quella di recuperare quei sogni che "ritrovi di mattina sui muri della stanza", che servono a scacciare la "tristezza degli elefanti", "la rabbia dei vulcani", e soprattutto la "paura", in una preghiera che parte dal Cristo per arrivare a scandagliare i meandri più reconditi della sua coscienza.
E poi ancora, riecco la "terra", così bella e così salvifica, che si identifica, in tutta la sua magnifica estensione sensuale, con colei che l'abita, una certezza che non ammette dubbi o recriminazioni.
Ho scoperto Giampiero Francese grazie all'amico Dario Marzullo. La sua voce, la melodia che l'accompagna unitamente al testo sono predestinati, meravigliosamente, a fondersi in una maniera così precisa, e senza sbavatura alcuna, tale che, per molti versi, pare di sentire echeggiare, nelle risonanze dei percorsi emotivi, Faber con le sue illusioni, le sue nostalgie, i graffi del suo vivere e quell'innata capacità pittorica di rappresentare una scena, una situazione con poche parole, estremamente precise.
In questo viene fuori anche il retroterra culturale del cantautorre e le sue inclinazioni artistico teatrali che si muovono, senza alcuna difficoltà, come su un palcoscenico ideale che pur non avendo impalcature crea delle scenografie di grande impatto visivo. La narrazione sonora e canora apre mondi che altrimenti sabbero sottotraccia: uno di questi è l'umanità.
Ascoltare questo lavoro è un elisir evocativo di sensazioni, luoghi, presenze, coscienze, vite senza nessuna separazione e inscindibilmente legati ad una voce che cattura, tocca le corde più intime di chi ascolta, regala passioni e desideri rivelati.
Il perchè del titolo è lui stesso a spiegarlo: "Già è il diminutivo del mio nome e il secondo un po’ per sfottere questi amici che invece volevano intitolarlo “finalmente” perché dopo tantissimi anni ho trovato il tempo per ordinare questa mia passione, queste canzoni nel cassetto, che finalmente sono su un CD che rimarrà li, farà il suo decorso. Una canzone presente nell’album intitolata “Io che non ho”, era una canzone che facevo con Pino Mango ma come questa anche altre, ben quattro canzoni che hanno qualche decennio, ma che comunque le ho volute incidere insieme ad altre sei nuove. L’album vero e proprio nasce in una notte, IMAN, la notizia di questa bambina siriana morta di freddo mi ha colpito moltissimo ed ho pensato subito di incidere questo album e di devolvere l’intero incasso dell’album in beneficienza all’UNICEF, per comprare delle coperte a questi bambini che in Siria oltre a subire tutti i danni che portano le guerre, devono superare anche la pandemia da Covid-19."
Aggiungo, a margine una nota di rilievo che va ad arricchire la già pregnante importanza di questo lavoro che ha "un nobile scopo, quello di aiutare attraverso i suoi proventi, i bambini siriani, vittime di una guerra senza fine. Non è la prima volta, che l’animo sensibile e generoso di Gianpiero Francese, si accende per opere umanitarie. Tante le iniziative benefiche, che l’artista melfitano ha messo in campo in questi anni. La storia di Iman, piccola ed indifesa bambina, morta di freddo, tra le braccia del padre, un anno fa, ha toccato nel profondo, il cuore di milioni di persone nel mondo. Gianpiero Francese ha inteso farle un omaggio e proprio Iman, con le sue struggenti melodie e con un testo che raggiunge gli angoli più angusti e nascosti dell’animo, è il brano che apre un Cd che non può non essere acquistato. La preziosa mediazione dell”Unicef, garantisce un ulteriore tocco di ufficialità alla missione umanitaria dell’iniziativa, oltre che veicolare in maniera adeguata i fondi, che saranno interamente devoluti alla causa a sostegno dei bambini siriani."
Brani presenti nel cd: 1. Iman; (G. Francese) - 2. Terra; (G. Francese) 3. Settembre; 4. Io che non ho; 5. E meno male; 6. E mi fermo; 7. E sei tu; 8. Alba tzigana; 9. Nuvole; 10. Visto da qui (G. Francese)
- *Cantante, autore, regista e musicista melfitano. Ha lavorato con Pino Mango per 4 anni. E' stato allievo di Giorgio Albertazzi, uno dei massimi attori della storia del nostro tempo.