LA MORTE DELLE PAROLE


Dammi tregua. Te ne prego. Te lo chiedo per favore. E' inutile. Nessun compromesso né frasi di convenienza, né possibilità di fuga. Lui non ne vuole sapere. Tesse l’agguato, mi bracca, mi prende alla sprovvista, mi avvolge con tenacia, inasprisce la stretta, mi lascia senza fiato, mi risucchia nel suo vortice, mi toglie le forze. Violenta ogni mia resistenza, quando arriva non c’è parola che tenga. Prende ogni cosa, ogni singola parte della mia sensibilità e la distrugge, insieme alle mie inutili richieste di pietà. Questo è il silenzio. Questo è il suo dramma, il suo sporco lavoro. Un tormento di inutili attimi che passano interminabili. Come una lama invisibile che entra nella schiena, strappa il respiro, riduce la forza a brandelli. Così il silenzio agonizza nella mia mente, riprende il suo posto da padrone. Eppure avevo sperato di non avere più le sue mani addosso. Mai più mi ero detta. Avevo sperato di vivere nel rumore dei giorni che si sfilano veloci. Il frastuono avrebbe evitato di far partire il pensiero. Avrebbe evitato di lasciarmi nelle acque mosse del suo ricordo. E, come se non bastasse, la tristezza, sua fidata schiava, arriva come un fulmine, appena il silenzio apre le porte del mio castello. Non ditemi che sono stata io a volere il suo ritorno. Non avrei mai permesso al vuoto di radere al suolo le ultime barriere della mia anima indifesa. Eppure è tornato. Ritorna con l’avvento della notte, quando il buio si spalma sulle mie forme, come argilla fusa, mi ingabbia e mi blocca, permettendo alla debolezza di riacutizzarsi nel cuore. “E chi ho tanto amato nel mare del silenzio ritorna come un’onda nei miei occhi…”. Ritorna il pianto, ritorna la forma della sua voce, ritornano le carezze, ritorna la sfida, ritorna il desiderio, ritorna ogni cosa che assomiglia o ha la sembianza dell’amore ma in realtà è solo un sogno oppure un incubo. Rinnegare me stessa, è un passo brevissimo che mi sono imposta di fare in avanti. Eppure, se il cuore ordina un movimento e la testa o l’orgoglio lo rifugge, è allora che inizia l’agonia dei sensi, di quello che si desidera con ardimento ma che non potrà mai realizzare. Pensieri, paure, emozioni in un balletto tragico e reale dove la musica è sempre la stessa e non cambia mai. Io, sola in ostaggio del silenzio, riprendo la via della solitudine e strappo con forza le resistenze del corpo. Denudata e priva di barriere oramai sono sola, senza nessun ostacolo. Ed in questa prigionia la follia spara il suo colpo diretto alla tempia. Un proiettile che si conficca nella carne, che brucia ogni cosa, che mi divora dall’interno, che non lascia spazio al ragionamento, che non lascia spazio alla voglia di ricominciare. Ricoperta di silenzio sono niente. Niente senza una voce che mi tiri fuori dalla morte delle parole.

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