DUE GUERRIERI

Qualcuno deve averla prevista. Ci deve essere stato chi ha deciso che, nonostante lo scorrere del tempo, nonostante le sue capacità rigenerative, per questa competizione non poteva esserci alcun rimedio, alcuna possibilità di pacificazione. Eppure la parola competizione non rende l’idea. Conflitto sarebbe più esatto ed “Eterno” il suo naturale aggettivo, legato a fuoco su quella vicenda. Due guerrieri si trovarono, si trovano e si troveranno sempre, l’uno di fronte all’altro. Sulle rive contrapposte di un fiume, torbido e limpido al tempo stesso, che divide radicalmente ogni cosa, anche i loro mondi. Due rive bagnate, apparentemente, dalla stessa acqua. Acqua che origina, tuttavia, due paesaggi confliggenti. Una sponda melmosa, corrotta da una vegetazione asfittica, soffocata da una schiuma limacciosa. Tutt’intorno un pallore inverecondo. Il cielo: uno schizzo di grigio torbido. L’aria: fredda e carica di effluvi gassosi. Dal lato opposto, invece, un’esplosione di vegetazione multicolore. L’erba morbida, mossa, come una carezza serpeggiante, dal profumo delle stagioni calde. Profumo quasi elettrico, inebriante, che si insinua ovunque, anche tra le fronde degli alberi, eternamente carichi di germogli. È questo l’incipit del loro concepimento, la forma in cui sono stati plasmati. Quello che erano ieri, quello che sono oggi. Eppure hanno qualcosa che li accomuna. Forse lo sguardo? Iridi che si intrecciano nella stessa direzione, che sbattono una sulla figura dell’altro? Non è quello. Forse il volto, colorato da tonalità contrapposte, sembra somigliarsi nei tratti apparenti? No, è solo una fugace illusione. Sono troppo diversi. Uno sembra che respiri senza muovere alcun muscolo della cassa toracica. Ha il volto ombrato da un cappuccio fuori misura, color fuliggine. Parte dalla sommità della fronte, discende su tutto il corpo, lo rende incomprensibile nel fisico. Non si riesce a capire se sia corpulento o smunto. Certo è che la mano, in cui tiene ferma l’arma severa, è magrissima, o meglio, ossea. L’altro ha la fronte libera. I capelli leggermente ricciuti, di un colore simile al grano d’agosto. Sembra femminile, nelle caratteristiche tenui del profilo, ma non è una donna. È di una bellezza estrema. La sua dolcezza è un guizzo di luce che rimane impressa nella memoria. Il fisico scolpito nei muscoli marmorei eppure pieni di morbida vita. Si ritrovano antagonisti  immobili ma con i pensieri in battaglia, in questo palcoscenico che ognuno di noi ha visto o vedrà, almeno una volta, nella propria vita. Battaglia in cui non si risparmiano forze, non si conoscono colpi vietati. Ostinati ed ostili verso quello che l’altro pretende di rappresentare. Uno che rifiuta la vita. L’altro che l’adora, in ogni singola forma. Pieni di reminescenze passate, di antiche leggende, di presente, di futuro ancora da scrivere, si combattono perennemente. Sempre alla ricerca di chi dovrà primeggiare sopra ogni cosa. E se uno affonda il colpo sino al cuore, l’altro si difende vigorosamente e si ritrae, come se niente fosse successo. Perché questa lotta non la combattono tra di loro, ma su altri fronti, su altri terreni. Perché le loro pulsioni e privazioni appartengono all’umanità ed è l’uomo che li affronta, quotidianamente. È l’uomo che prova a vivere mentre cerca riparo dalla morte. Così Eros e Thanatos si muovono e si affrontano, tirando i fili, come in un teatro di burattini. Si infilano sottopelle e ci portano alla ricerca di cosa siamo e forse di chi non saremo mai. Alla ricerca dell’incipit o della fine di una storia. Probabilmente sottomessi alla sorte che scriverà cosa dovrà accadere. È l’antitesi di se stessa, questa nostra esistenza. Se nasciamo crudelmente, spremuti da un luogo caldo ed accogliente verso un mondo freddo e senza protezione, dovremmo morire dolcemente, tendendo le braccia verso un luogo vellutato ed ospitale. Questo dovrebbe essere il necessario contrappasso. Invece, se il primo afflato di vita prende possesso nei polmoni, dicono, in un modo cruento e doloroso, lo stesso accade nella morte. Quando veniamo spogliati di quel possesso, senza possibilità di riprenderlo. Rimaniamo senza forze e senza rimedio davanti a questo passaggio necessario e crudele. Così, in questa battaglia tra le pulsioni della vita e le storture della morte, i due guerrieri smuovono l’uomo, senza imporre ragionamento di tregua. Ed anche se si comprende chi dei due, alla fine, avrà il sopravvento, in molti lottano e lotteranno ancora, ostinatamente.       

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