L’interessante esperimento condotto da Emanuela Sica su Plenilunio sottopone l’AI ad una prova affatto banale, chiedendole di creare un’immagine a partire da un testo poetico, per esempio L’infinito di Giacomo Leopardi. La creazione grafica restituita dall’intelligenza artificiale rappresenta un uomo, seduto su un prato, che rivolge lo sguardo verso l’orizzonte, alle sue spalle una siepe ed un albero, il tutto avvolto da una luce che assomiglia, abbastanza, a quella di un tramonto, ma forse di più a quella dell’alba…
Questa immagine, per l’ambientazione, l’atmosfera, la presenza dell’essere umano inespressivo e quasi inanimato, mi ha fatto venire in mente, in prima battuta, lo stile del surrealismo, quello di Renè Magritte, tra gli altri.
Nell’opera ‘La condizione umana I’ (1933), ad esempio, del grande artista Renè Magritte, osserviamo, in estrema sintesi, un paesaggio raffigurato da una finestra con la sovrapposizione di un cavalletto, sul quale il medesimo paesaggio trova continuità.
Lo stesso Magritte, in merito a questo dipinto affermò: “Misi di fronte a una finestra, vista dall'interno d'una stanza, un quadro che rappresentava esattamente la parte di paesaggio nascosta alla vista del quadro. Quindi l'albero rappresentato nel quadro nascondeva alla vista l'albero vero dietro di esso, fuori della stanza. Esso esisteva per lo spettatore, per così dire, simultaneamente nella sua mente, come dentro la stanza nel quadro, e fuori nel paesaggio reale. Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi anche se è solo d'una rappresentazione mentale di esso che facciamo esperienza dentro di noi”.
Nella celeberrima opera intitolata ‘Gli amanti’ (1928), invece, l’artista raffigura un uomo ed una donna nell’atto di un bacio appassionato, ma le loro teste sono avvolte in panni bianchi a coprire completamente i volti.
E’ ancora Magritte che svela il mistero di questo dipinto affermando: “Tutto ciò che vediamo nasconde un'altra cosa, vogliamo sempre vedere ciò che è nascosto da ciò che vediamo. C'è un interesse per ciò che è nascosto e che il visibile non ci mostra. Questo interesse può prendere la forma di una sensazione piuttosto intensa, una sorta di conflitto, si potrebbe dire, tra il visibile che è nascosto e il visibile che è presente”.
Il trauma subito dal giovanissimo Renè a causa del suicidio di sua madre, che nel 1912 si tolse la vita gettandosi nel fiume Sambre, venendo poi rinvenuta con una camicia avvolta sul viso, viene perpetuato dall’artista nelle sue opere: come ne ‘Gli Amanti’, il panno bianco a ricoprire i volti, le identità e la verità.
Lo spettatore, anche se ignaro della tragedia del suicidio, coglie e percepisce l’inquietudine e la tragicità della rappresentazione, lo stato d’animo dell’artista, che trasfonde inevitabilmente nell’opera la sua visione della vita e del mondo, le emozioni, i sogni, le illusioni e le delusioni.
Le immagini generate dall’AI, al contrario, non trasmettono nulla a noi spettatori, non esprimono pensiero, né emozioni, nè raccontano sogni, direi proprio che non hanno anima!
Se conveniamo, dunque, che l’arte è un linguaggio universale, è ‘l'espressione estetica dell'interiorità e dell'animo umano, rispecchiando le opinioni, i sentimenti e i pensieri dell'artista’ (Treccani)… non ritengo di poter considerare arte le immagini create dall’AI.