MAI PIU'



Guarda bene. Mentre il sole si infila sotto le coperte della notte ed il tramonto assume i toni del rosso e dell’indaco, la tua pelle diventa quasi trasparente. Puoi vedere le vene che ramificano dal cuore un percorso senza interruzioni. Risalgono sino al cervello. Dovrebbero essere come autostrade cariche di sangue e ossigeno, eppure sembrano viuzze tortuose e rinsecchite. Come risucchiate da qualcosa che le avviluppa senza tregua. Guarda ancora. Davanti a te c’è il mare. Lascia che i tuoi occhi siano rapiti da quella grandezza. Le onde si infrangono e smuovono quel pavimento liquido che a tratti sembra immobile. Quasi di marmo, mescolando spuma e riflessi brillanti. Eppure è solo acqua. La puoi toccare. Sentirne la freschezza. Percepirne l’odore. Assaporarne il gusto. Devi solo decidere di allungare la mano. Così, quando gli ultimi raggi abbandoneranno quel pezzo di mondo e le isole dei tuoi pensieri sembreranno cumuli di macerie, ti prego di non dimenticare una cosa. L’agonia e morte del sole è la genesi di una nuova alba. Il cantiere di un nuovo giorno. L’esordio di un inedito incipit. Perché quando tutto sembra finire è allora che comprendi che non è finita. Ed in quel momento dovrai decidere. Trovare la spinta. Affondare le mani sulla battigia e rialzarti. Avrai le gambe bagnate, piene di sabbia ma non importa. Mettiti in cammino. Il sole, il vento, il tempo, asciugherà ogni cosa. L’acqua pian piano diventerà vapore. La sabbia si tramuterà in polvere sottile. Il vento porterà via i residui. Ogni cosa tornerà al suo posto. Quando sarai pronto a ricominciare è li che saprai di essere un uomo. Non una pianta o un animale. Ma un uomo, una donna, umani personaggi di questa grande tragedia in cui bisogna scegliere se vivere, sopravvivere o lasciarsi andare all’incuria del destino. Eppure per scegliere di vivere ci vuole coraggio. Coraggio per essere pronti a leggere il presente dimenticando i fantasmi del passato. Ricominciare la corsa da dove si era caduti. Ripulirsi le ferite, cancellando il noviziato della paura. Paura che rimane nella carne quando, dentro di noi, si rompe qualcosa. Quando l’anima si frantuma in minuscole schegge e si resta trafitti dal dolore. Paura che ti maltratta quando chiudi gli occhi. Paura che ti spinge a giustificare ogni singola azione che fai. Perché non si è liberi. Forse non lo siamo mai stati. Perché non lo saremo mai? Stavolta no. Non è così che funziona. La pianta del malessere, che concimiamo con ampie manciate di solitudine, nel nostro orto privato, va sradicata. E se qualcuno chiede come va mai più rispondere: “Non ti preoccupare, sto bene!”. Progettiamone una diversa. “Non sto bene, cazzo!”. Allora sarà liberatorio dirlo a pieni polmoni. Dovrà risuonare nella testa di chi ci ha fatto la domanda come un gong di sfida. L’inizio di un incontro di box. Dove, da un lato ci sei tu e dall’altro ci sta quella bastarda di paura da mettere a tappeto. Ma quella parola, dai tratti volgari, sarà solo un modo. Un modo diretto e senza orpelli per far capire al mondo intero come ti stai sentendo in quel momento. Quanto stai soffrendo. Quanto avresti bisogno di un abbraccio ed invece ricevi solo pacche sulle spalle. Quanto avresti bisogno di cambiare aria ed invece respiri sempre gli stessi fumi del quotidiano smarrimento. Quanto vorresti dimenticare che in quella storia hai lasciato un pezzo di te. Che  ogni persona entrata nella tua vita si è portata via un altro pezzo di te. Tanto che, a furia di perdere pezzi, non sai più cosa sei. Eppure di questo enorme puzzle, il pezzo migliore, che ancora non si è perso, sei tu. Qualunque cosa tu abbia fatto. Sia essa sbagliata o tremendamente sbagliata, adesso è il momento di reagire. Di rendersi conto che le sabbie mobili ci stanno inghiottendo ed è ora di tirarsi fuori. Basta solo guardarsi intorno. Vedere di nuovo le cose così come sono sempre state. Liberandole dalla cappa asfissiante della depressione. E allora vedremo, vedrai, le immagini diventeranno più nitide. Il sole apparirà meraviglioso e caldo come è adesso. Quel ramo che si allunga verso di te non sarà più una pianta scheletrica ma assumerà la sembianza giusta. La mano di qualcuno pronto ad amarti. Allora afferrala, è il momento.  E ricordati di chiudere il rubinetto del pianto. Questa è un’altra cosa che devi fare. Hai usato quasi tutta la sorgente del tuo essere, ora devi smetterla. Tante lacrime non servono a niente. Non servono neanche davanti ad un lutto. Figurarsi quando le sprechi per qualcuno che ti ha fatto soffrire. Che magari ha deciso di vivere lontano da te. Basta scavare pozzi di illusioni. Vuoti e ricolmi, al tempo stesso, solo di umidità, muffa e ripetute umiliazioni. La vita che hai davanti è quella che vedi. Non quella che appare quando chiudi gli occhi. Se questo sogno è un incubo allora devi svegliarti. Ci vuole coraggio, si, è vero. Ci vuole fegato ma puoi farcela. Puoi ricominciare. Puoi alzarti da quell’immagine rarefatta dal tempo ed iniziare a correre nella direzione opposta: nel domani. Respirando a pieni polmoni il presente. Trattenerlo giusto un attimo e poi affondare le braccia nel futuro. Come iniziare a vivere di nuovo? Tenendo fede ad una promessa. Quella ancestrale promessa che ogni uomo o donna fa al suo amato. “Ti amerò per sempre”. Per una volta eliminiamo il Ti e mettiamo il Mi. Mi amerò per sempre. E da lì iniziare l’avventura più grande di tutte. Ricostruire noi stessi: rigenerandoci. Diventare una persona nuova. Abbattere le pareti di quella casa dove, da molto tempo, viviamo costretti. Ampliando gli spazi. Tinteggiando le pareti. E non importa come si ricomincia. Basta ricominciare. Solo così sarà primavera, la nostra primavera…per non essere mai più una “maledetta primavera”. 

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