“Dieci anni
fa ho visto i miei genitori per l’ultima volta, sono stati i dieci anni
migliori della mia vita”: è la frase che racchiude tutto il senso di questo
libro, intenso e disperato, in cui si descrive un lutto, espresso nella
presenza e nell’assenza di una famiglia difficile.
La madre del
protagonista “era alle spalle di mio padre in posizione defilata”, non riusciva
ad esprimere i suoi bisogni, era come se aleggiasse in un limbo di sentimenti
inespressi, ma non le era possibile lasciar andare suo figlio e la sua domanda:
“Tornerai a trovarci?” rappresentava una sorta di ponte immaginario costruito
su un baratro di silenzio e tensione, di speranza vana e incredulità. La
porzione di mondo che lei occupava era del tutto trascurabile, la parte
“ingombrante” della famiglia era rappresentata da suo padre; lei si sentiva invisibile,
suo padre la portava a passeggio, la considerava alla stregua di un animale o
di un oggetto e lei non riusciva a sottrarsi al suo potere: ”lui voleva che lei
fosse niente per potere, lui, essere qualcosa e lei voleva essere niente perché
essere niente era almeno qualcosa”
Non vi erano
tracce della sua vita precedente al matrimonio, come se non ci fosse molto da
ricordare e lei costituisse un’appendice di suo padre, di cui temeva la
reazione violenta: un episodio significativo era che, all’appuntamento che lui
le aveva dato, lei andasse ad incontrarlo con una grossa sveglia da camera in
mano, perché non trovava il suo orologio da polso. Aveva provato lo stesso
disagio della corsa sulla spiaggia per rispondere alla chiamata per telefono
del padre e vergogna per la continua ripetizione del suo nome al megafono che
diventava per lei come uno stigma.
Gli unici
momenti in cui aveva visto sua madre felice era quando lei aveva lavorato come
commessa in un supermarket, aveva il proprio ruolo e il proprio mondo, lontana
dalle pastoie di una sottomissione domestica. Aveva qualcosa da raccontare,
esperienze straordinarie per lei che le viveva e per loro che le ascoltavano.
Un giorno sua
madre si era ferita con un taglio sulla testa, ma non si seppe mai il perché; era
rimasta in cucina, sullo sfondo, come sempre, ma quel giorno era come se il
mondo era caduto in pezzi e il silenzio divenne il pentagramma delle loro
giornate. Sua madre esprimeva una sorta di rinuncia alla una sorta di rinuncia
alla vita, era come se si fosse trasferita altrove, in uno spazio intermedio
tra il succedersi delle cose e il suo prenderne atto”: aveva messo in atto la “distrazione”,
per non essere colpita, per lei la morte non contava nulla, come non contava
niente la vita, era qualcosa che succedeva nell’ordine naturale delle cose.
Il figlio si
rendeva conto che, per assurdo, sua madre era più forte di suo padre, perché
era come se tutto ciò che le succedeva non le riguardasse, reagiva con il
silenzio o lo sguardo basso, racchiudendo dentro di sé le sue sensazioni
contrastanti che non trovavano voce. Suo padre al contrario aveva bisogno di spaventare
per essere amato e perciò fu condannato per sempre al non amore: allontanava
tutti da sé per un assurdo senso di potere che però l’aveva condannato ad
un’estrema solitudine.
Suo padre staccava
il telefono o costringeva a fare degli squilli per ricevere le chiamate
diventavano una sorta di richiamo lontano per mettersi in contatto con il mondo:
le telefonate duravano poco, ma avevano un’eco prolungata. Quando sua madre era
sola in casa, le telefonate suscitavano tuttavia “un barlume di materno in lei
e in me qualcosa di filiale” attraverso il tono in cui pronunciava il suo nome.
Il
trasferimento del protagonista a Torino per liberarsi della gabbia in cui aveva
vissuto per tantissimi anni gli dà maggiore calma, anche se vi è un rimpianto e
un senso di colpa sopito per aver abbandonato la propria casa, ma si rende
conto di effondere il proprio bisogno di amore in quella pasticceria in cui si
reca ogni giorno e che rappresentava il suo senso di famiglia: era un posto in
cui si sentiva bene e non aveva l’obbligo di dire troppo di sé. Le due lettere che
scrive alla madre e alla sorella sono un modo per cercare invano di placare
l’inferno che sentiva dentro e quando sua madre rispose alla lettera dicendo di
non capire il motivo per cui si fosse allontanato da loro, egli comprende che
qualcosa in lui deve cambiare. Un giorno vede nel viso di suo figlio quello di
sua madre e si rende conto che “non fa bene e non fa male”.