"In un tempo dimenticato, quando il mondo parlava ancora la lingua della natura, un uomo si ammalò. Una donna, guidata da un istinto più antico delle stelle, che armoniose illuminavano il tappeto del cielo notturno, ascoltò il sussurro ancestrale delle erbe. Si armò di una lama affilata e raccolse foglie e radici mentre affidava al vento le sue invocazioni, preghiere o canto, per salvargli la vita. Quando il malcapitato grazie a quell’intruglio guarì…lei non fu più solo una donna ma divenne una strega.”
E’ così che l’autrice ci
prende per mano e ci conduce alla scoperta di un mondo misterioso, sconosciuto,
stregato.
Questo libro racconta una
storia grazie a Michele, un bambino (il figlio di Emanuela), che in un caldo
pomeriggio d’estate inforca la sua bici e percorre le strade, i vicoli del
paese, per spingersi oltre, in campagna fino alla contrada ‘Li Pacci’…ed imbattersi
in una casa abbandonata, ricoperta di vegetazione, con mura crepate, dove,
sotto un cumulo di vecchie cianfrusaglie ecco che trova ‘un manoscritto
dalle pagine ingiallite, sottili e fragili come foglie d’autunno’.
Sulla copertina si
intravede una scritta: “Memorie di una Janara”…
Ed allora, il più
velocemente possibile e con il cuore in gola, fa ritorno a casa portando il
tesoro con sé, da mostrare e leggere insieme alla sorella Ginevra (la primogenita
di Emanuela).
E’ la voce della Janara
che racconta la sua vita, come un diario scritto dalla strega perseguitata in
quanto strega, “Rincorsa dall’odio e macchiata dal peccato”, raggiunge
la ruota delle suore e, con ginocchia tremanti, poggia la sua creatura, la sua
bimba, avvolta nel suo scialle… “anima mia, possa tu vivere libera
dall’inganno di questa maledizione”.
La Janara sta mettendo in
atto la decisione più dolorosa che una mamma possa prendere: separarsi dalla
propria figlia.
Ma è l’unica soluzione
possibile per lei pur di liberare la neonata dalla condanna ad una vita da
strega.
Ma non sveliamo tutto il racconto…
E’ un’opera complessa
questa di Emanuela Sica, che si dipana su 3 livelli narrativi:
-
Il
romanzo
-
La
poesia
-
Il
racconto vernacolare, la lingua dell’anima, accompagnato dalla …opportuna
traduzione in italiano
Una originale attenzione
grafica, che fa da guida al lettore, è posta anche nella stampa del libro:
-
La
grafica chiara delle pagine corrisponde al racconto dei bambini
- La grafica scura riporta il diario della strega.
Ma l’autrice arricchisce ulteriormente
questa sua opera, regalandoci una risorsa molto utile, direi: il “Grimorio
di Plenilunio: Erbe cantanti – Segreti di rito ed altre ricette”, ovvero una
raccolta di “ricette dal potere magico”, per così dire, una sorta di ‘Libro
di magia’, tra le quali ne ho trovate alcune davvero intriganti:
Unguento del Volar
Notturno
Incanto del Vento per
Dimenticare una persona/un amore
Acqua di Lavanda e
Rosmarino per tranquillizzare e purificare l’anima
Ma prima di provarle, il consiglio è di leggere le Avvertenze!
In vernacolo, la lingua
dell’anima, come amiamo definirla, sono riportati come raccontati dalla Janara,
“Li Cunti antichi”, che Michele e Ginevra cominciano a leggere con crescente
curiosità, accorgendosi, immediatamente e con grande stupore, che sono stati
scritti cento anni dopo e che hanno qualcosa di familiare…ma sì, è proprio
così, alcuni di questi racconti, in dialetto, li hanno già ascoltati dalla voce
del loro amatissimo nonno, quando, durante le chiare sere d’estate o nei lunghi
pomeriggi d’inverno, affianco al camino, glieli aveva narrati più e più volte.
“La gatta Janara”, la gatta nera che si introduce in casa di Antonio il sergente e sua moglie Concetta e fa giustizia tra moglie e marito, “Lu scazzamauriellu”, lo gnomo dal cappello rosso a punta che può esaudire ogni desiderio, e tutti gli altri a raccontare storie antiche, ma sempre attuali, nelle quali gli elementi magici intervengono a fare giustizia ed a punire gli esseri umani prepotenti e malvagi, per la salvezza delle vittime designate.
Circostanza che emerge e sulla
quale possiamo riflettere è che le parole della Janara si svelano solo a
chi è pronto a scoprire la verità, ovvero ai due bambini, che, liberi da
preconcetti e pregiudizi, sono disposti a credere alla sua storia di Herbaria
e non di Strega, “che fu allontanata e perseguitata per
ignoranza e per paura, per non volerle riconoscere il diritto alla libertà”.
Ella è pericolosa proprio
in quanto libera, non riconosce padroni ai quali obbedire, di conseguenza è
incontrollabile.
Il potere la teme.
Chi agisce contro il potere
costituito viene considerato eretico, si sa, quindi deve essere isolato e messo
a tacere, nel Medioevo, nel Rinascimento, dove il clero ed il patriarcato
costituivano il sistema, ma in particolare se si era donne, si doveva
sottostare.
Questo, in qualche modo accade ancora oggi.
L’autrice, con
questa opera, ci offre anche un grande lavoro di ricerca storica volto ad
indagare ed a ricostruire il dramma di donne condannate al rogo solo perché non
vollero accettare di piegarsi al modo comune di intendere la società.
Possiamo ritenere che
tutto iniziò, in grande scala e sistematicamente, con Il ‘Malleus Maleficarum’
- Il Martello delle Streghe - scritto verso la fine del 1400 da due
“frati/inquisitori domenicani Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, è
considerato il trattato più famoso ed influente sulla caccia alle streghe.
Si dice che fu proprio
con quel libro che cominciò la grande persecuzione delle donne accusate di
stregoneria in tutta Europa”.
Così spiega Ginevra
all’incredulo Michele mentre leggono le pagine del diario misterioso: “descriveva
come riconoscere le streghe, come processarle e torturarle…donne accusate senza
prove, semplicemente perché diverse, perché sapevano usare le erbe o erano
sagge guaritrici…”, era un libro approvato dalla Chiesa, diffuso in tutta
Europa, e divenne la giustificazione per uccidere migliaia di donne.
Ed anche l’Inquisizione (dal Medioevo all’epoca contemporanea – nell’ Europa cattolica, fino in Sud America), per la quale si poteva formulare l’accusa di stregoneria, che equivaleva ad una condanna a morte.
E così il lettore viene
condotto, con la prosa e la poesia, arricchita dalla ricerca storiografica e
lessicale, il vernacolo, in un mondo dove si intrecciano mito e storia,
fantasia e realtà; è un invito alla riflessione profonda, si rivolge alla
coscienza di ognuno, intende metterci di fronte alle nostre paure più
ancestrali, per riconoscere alla figura femminile la dignità, l’autonomia, la
libertà che le spettano contro ogni forma di discriminazione.
Ma seppur in contesti
ostili ed in sistemi sociali che le volevano isolate e silenti, alcune donne, hanno
saputo, in ogni epoca, con grande determinazione e coraggio, prendere in mano
le sorti della propria esistenza, raggiungendo livelli destinati solo a
personaggi maschili, tra queste l’autrice ricorda Ildegarda di Bingen, vissuta
nel 1100, monaca benedettina e poi santa,
il cui talento e preparazione furono apprezzati finanche da Federico
Barbarossa, senza per questo riuscire ad evitare lo scontro con l’Imperatore.
Ed ancora, Trotula De’ Ruggiero, considerata la prima donna medico d’Europa, appartenente alla prestigiosissima Scuola Medica Salernitana, che scrisse trattati medici basati sugli studi da lei stessa condotti in Fisiologia, Farmacologia e Cosmetica con un’attenzione speciale rivolta al mondo femminile.
Le vite di queste donne
eccellenti chiedono con forza che sia fatta giustizia e che sia riscritta,
finalmente, la storia declinata per secoli solo al maschile, introducendo,
tanto per cominciare, nei testi scolatici i loro nomi e raccontando le loro
vite, restituendo finalmente la dignità mai riconosciuta.
Oggi è in atto,
evidentemente, una ribellione delle donne, che non accettano più un
ruolo subordinato, generando, purtroppo, comportamenti abusanti da parte di
taluni uomini.
Questo libro lascia
domande senza risposte, interrogativi che riecheggiano nelle nostre coscienze.
Ma questa …è un’altra
storia ancora tutta da raccontare.
Relazione tenuta durante l'evento di presentazione del libro - il 28 giugno 2025 presso la Tenuta Volpe di Savignano Irpino.