Credo sia decisamente complicato, se non impossibile, tracciare l'autenticità di un profilo artistico, soprattutto se non lo si guarda con tutti i sensi in ascolto e visione, capaci di lasciarsi prendere e attraversarsi, anche nelle più lievi contraddizioni e sfaccettature dell'umano.
Ci sono artisti che interpretano un’opera altri che le vivono diventando opera essi stessi. Una metempsicosi di materia fluida, voce che vibra, carne che si fa verso. Sergio Carlacchiani non lo si può spiegare a parole, lo si deve guardare o forse evocare mentre lo si osserva o "sente" nel silenzio dei momenti acuti d' attenzione, come si fa con quei torrenti notturni o le parole dei vecchi sciamani quando dialogano con gli spiriti della natura.
Nato a Macerata nel 1959, residente a Civitanova Marche, artista nomade è passato per le mille stanze della "creazione". Sergio Pitti, Karl Esse, Sergio e Basta!, il Clamorosissimo, Lo Sciamano, Il Folle: ognuno di questi nomi è un frammento "spirituale", un personaggio, un trucco da teatro o forse l'elaborazione più mistica, e ribelle insieme, della vita. In lui convivono personalità ed esseri realistici figli autoctoni delle sue ombre, ma anche slanci di luce che, di volta in volta, prendono una forma definita: un doppiatore e un profeta, un attore e un eremita, un pittore e un rabdomante del silenzio. Le sue 40.000 letture a voce alta, gocce d’ambra su una voce baritonale, rappresentano la geografia di un atlante sonoro fatta di poesia - da Gilgamesh a Merini, passando per Whitman, Hikmet, Hölderlin.
Carlacchiani non usa per prima gli occhi, bensì l’udito. Non legge: sente. E se riusciamo a sentire quello che evoca è solo perché lui l’ha percepito, sentito per primo.
La sua è una voce sismica: sguscia tra accenti, implode nei sospiri, si arrampica sugli acuti e poi piomba in quel fondo dove la parola si frantuma e l’anima. Come nel celebre recital leopardiano del 2010, al Colle dell’Infinito, accanto a Lorenzo Di Bella: “Chopin & Leopardi, il Poeta del pianoforte e il Poeta dei poeti”. Ha scritto, dipinto, inciso, anche l’amore, come quello sussurrato e sottolineato con Alda Merini, nella cartella firmata a quattro mani, sei disegni e tre poesie inedite — 300 copie, tutte con dentro qualcosa di irripetibile: quello che gli umani chiamano “fremito”. Possiede, nel dna, un talento, rarissimo, riversare in ogni lettura un atto d’amore, da qui la sintesi espressiva del teatro. Non a caso ha collaborato con Margherita Hack, con Fabrizio Bosso, con Eugenio Finardi, con Joyce Lussu.
Sarebbe lungo citare tutte le sue pubblicazioni, ne elenchiamo alcune: nel 1980, Poesie - Collana Poeti D’oggi, Gabrieli Editore, Roma. Nel 1983 - Quadri di Parole, e nel 1987, Quadri di parole 2 - recentemente ha pubblicato tre voluminosi libri di poesia: Indiscrezioni dal Fortilizio, giugno 2020; Testamento, giugno 2022 e Dadaadalda, gennaio 2024.
Più volte nel genetliaco di Giacomo Leopardi è stato chiamato sul Colle dell'infinito di Recanati ad essere la voce recitante, occasione speciale data soltanto ad attori prestigiosissimi! La famiglia Leopardi e il Presidente del Comitato Scientifico l'allora Professor Lucio Felici, visto il grande favore del pubblico ottenuto dal Carlacchiani vollero editare un cd di Canti Leopardiani proprio con la voce dell'attore marchigiano.
In questa occasione, per darvi un piccolo assaggio della sua “creatività performante” vi proponiamo il reading tenuto al Festival della Poesia di Grosseto. Ma forse sarebbe più opportuno parlare di un tempo sospeso dove Carlacchiani diventa specchio e profezia poetica. Lasciate che la sua voce vi trovi dove siete più fragili. Poi restate in quel punto, nel semitono di un raggio che poi si allarga fin dove la poesia vi scova, vi prende per le corde del cuore, e vi eleva.