martedì 8 luglio 2025

BiblioIlde: "Le querce non fanno limoni" di Chiara Francini


Una storia intensa, densa di emozioni, di ricordi e di dolore represso e mai esibito di una donna forte e determinata, ma che da sempre ha dovuto fare i conti con le proprie fragilità dell’infanzia, attraverso cui si è rafforzata, assumendo spesso una corazza, ma lasciando vivo il suo desiderio di protezione nei confronti delle altre donne che giungono a lei, perché non sanno dove andare e lei le circonda con un abbraccio d’amore e insegna loro a leggere dentro di sé e a non arrendersi mai.

E’ Delia, la protagonista, una partigiana che ha avuto sempre dentro di sé l’anelito alla libertà e l’ha conquistata a fatica, attraverso la sofferenza e il bisogno di affermare la propria identità.

In un’altalena di pensieri ed emozioni, un ponte sospeso tra presente e passato, i ricordi della sua infanzia, del suo gatto e del suo albero che aveva chiamato Gino, il sorriso spento della mamma con il suo sogno interrotto che aveva esaurito del tutto la propria energia, portandola sui sentieri dell’indifferenza: “i suoi occhi erano belli, ma inzuppati di lacrime”. Sua madre Sara aveva dovuto fingere di scegliere e rinunciare al suo sogno per essere sposa e madre e Delia aveva attinto a quella crepa per vivere pienamente la sua esistenza. Il suo rapporto con lei era strano eppure profondo e le trasmette il significato della musica, un’armonia che sentiva sua, ma che aveva lasciato andare in un silenzioso rimpianto: Delia deve affrontare un momento terribile di sua madre che indossava una sottana elegantissima, simbolo di una vita sognata, ma mai realizzata e ricorda che le diceva sempre di scegliere, proprio lei che non aveva potuto farlo. 

Il rapporto con suo padre, al contrario,  era complesso, anche se provava una sorta di venerazione per lui: egli manifestava la propria autorità e non accettava trasgressioni, ma in realtà si rifugiava nella lettura e alla fine era rimasto imprigionato in quella torre di libri, senza riuscire a reagire completamente a ciò che succedeva intorno. Suo padre sfogliava le pagine, ma l’ombra nei suoi occhi si era fatta tutt’uno col buio, non riuscivano a guardarsi sembrava esserci un muro. Delia amava leggere, si perdeva tra le pagine dei libri per vivere realtà e mondi diversi ed egli aveva strappato alcune pagine per evitare che le leggesse.

Una sorta di alter ego della madre è  Maria che si prendeva cura di lei, da cui si sente amata: dopo dodici anni nasce una sorellina, Gloria e Delia si rende conto che per lei, il mondo era un posto grande e pieno di promesse e la protegge, standole vicina, anche se per poco. 

L’incontro con Sandro è una sorta di “tuffo nell’azzurro”, si riconoscono, perché entrambi si sentivano fuori posto, si erano piaciuti in silenzio e si rendono conto della forza degli ideali e della necessità dell’azione: “nessuno ci darà niente, dobbiamo prendercelo, siamo spettatori di questo crollo, siamo la Resistenza”

Il 20 dicembre ’43, giorno del suo compleanno Delia aveva lasciato tutto, “fuggì da ciò che ero stata e da ciò che non avrei potuto più essere” e corse a perdifiato verso una vita diversa che teme, ma sa che deve affrontare, pagandone le conseguenze. Delia aveva compreso che non sarebbe mai stata al primo posto, sarebbe arrivata dopo ciò che è giusto e lascia che il destino si compia, attraverso il dolore e una nuova rinascita.

Il luogo in cui le vicende storiche si uniscono e si intrecciano è il Cantuccio, “un posto unico, disordinato, sano, avvolgente e sovversivo”, in cui si entrava e si poteva trovare il posto giusto per tutta quella gente “che si tiene per mano per non cadere”. L’aveva creato Delia, arrivando dalle Americhe con un televisore enorme, in un paesino della provincia di Firenze, Campi Bisenzio. Al Cantuccio si fanno donazioni, non si paga e vi è un caleidoscopio di personaggi, con idee ed opinioni diverse tra loro, ma che hanno in comune una profonda umanità e il desiderio di mettersi a servizio dell’altro, come I’Pugi che porta sul manubrio della bicicletta i rosari dei morti sepolti da tanto tempo e li conserva, in un certo senso per perpetuarne il ricordo. Tra Angela, Irma e Lettèria, si crea un rapporto di amicizia,  pur nella loro diversità e nelle loro esperienze familiari: Angela, con la sua sciarpa di seta arancione, espressione di indipendenza, figlia di una delle prime donne nere a frequentare l’università e desiderosa di vivere pienamente la sua vita, Lettèria, timida e piena di paure, Irma che una sera improvvisamente arriva al Cantuccio, chiedendo con timidezza ospitalità, perché avverte sempre un profondo senso di disagio per la sua menomazione e farebbe di tutto per essere accettata. E’ affascinata da Mauro, un ragazzo carismatico, che “dà voce a qualcosa che fino allora non aveva mai saputo di desiderare, un senso di appartenenza”: sua madre le diceva che andava tutto bene, ma lei sapeva che era una bugia. 

Irma voleva essere parte di qualcosa di grande e si avvicinò ai movimenti rivoluzionari degli anni di piombo per distruggere tutto ciò che è ingiusto. L’autrice, con profonda sensibilità, riesce a scavare nel cuore dei personaggi, portando in superficie i tormenti e i dubbi di coloro che portavano avanti la lotta armata, ma che erano entrati in un meccanismo perverso che contemplava l’uccisione di alcuni esponenti politici in nome di un ideale condiviso.

Pregnante, nelle pagine di questo meraviglioso libro, è la riflessione sulla condizione della donna e sul concetto di vergogna che è “il primo mantello che ti mettono addosso per controllarti” e sul pericolo della sottomissione, che ci allontana dal nostro io più autentico, perché non ci fa pensare in modo libero.

Un elemento fondamentale è l’importanza dei diari che Delia e Irma si scambiano, verso la fine del libro, una condivisione di pensieri, in cui si comprende che “la solitudine è uno stato sublime in cui si possono raccogliere le proprie idee” ed è necessario serbarle come un tesoro nascosto.

Ilde Rampino