Fateci caso, se vi capita, ci sono musiche che non si ascoltano soltanto con le orecchie, ma con la pelle capace di richiamare l'arrivo della memoria, custode di quella parte profonda di "emozione" che ci lega a un luogo, a un volto, a una parola detta nella lingua mater, quella dell'anima: il dialetto.
Esattamente questo ci è capitato nel sentire Irpinia Mon Amour di Massimo Vietri, oggi conosciuto con lo pseudonimo di Schustèr, con una carriera musicale che non insegue il clamore, ma costruisce il senso, lo lega alla purezza, per darlo in dono a chi è capace di andare per strade poco battute ma dense di natura nella sua accezione più autentica. Massimo non insegue l’effetto, ma è il "cercatore della verità" e Schustèr non è semplicemente un nome d’arte bensì un’identità intima, familiare, radicata, quasi una casa che accoglie con i profumi dell'infanzia.
Una scelta che racconta la direzione di un progetto artistico personale, fatto con le pietre angolari dell'autenticità, non solo esistenziale ma necessario.
Per oltre vent’anni Massimo è stato il cuore pulsante dei Lumanera, formazione musicale che ha saputo farsi interprete delle tante anime del Sud, tra tradizione, contaminazione e ricerca. Nei ventuno anni di concerti, scrittura, sperimentazioni e, soprattutto, di resistenza culturale si è materializzata un’esperienza lunga, quanto intensa, che ha fatto maturare in Massimo una visione sonora e musicale consapevole, quasi artigianale, fondata su alcuni punti cardine "inconfutabili": collettività, ascolto e rispetto.
Poi, a seguire il treno del passaggio, lo spostamento verso una dimensione più intima, sua, personale. Così Schustèr nasce come progetto solista e come spazio espressivo libero, nel quale l'artista affida alla sua voce e alla sua chitarra il compito di tessere le trame di racconti e mondi interiori, ricchi, stratificati, fatti di cassetti che si aprono e declinano il ricordo nel sentimento dell'attuale. Possiamo, senz'altro, dire che il disco omonimo non è altro che la sintesi poetica: undici brani che plasmano nostalgia e radicamento, silenzi e aperture melodiche, memoria e desiderio.
Il punto più alto e simbolico di questo percorso è senza dubbio il brano “Irpinia Mon Amour”, di cui Massimo è autore e compositore. Non è una semplice canzone: è un atto d’amore. Un inno delicato e potente alla sua terra d’origine, l’Irpinia, dipinta nella narrativa di immagini autentiche: i paesi, le montagne, la gente genuina, la cultura contadina, le radici profonde che ancora oggi sanno parlare. Un canto che ha saputo restituire una dimensione d'appartenenza, quasi un abbraccio collettivo, a tutti quelli che lo hanno ascoltato al Megaron, della Chef Valentina Martone, il 23 Giugno nella notte dedicata a San Giovanni.
Valentina è la "colpevole" di tutto questo e non possiamo fare a meno di ringraziarla, ci ha donato, come uno dei suoi magnifici piatti, un viaggio onirico emozionale che non si gusta con le papille ma con l'aggancio di memoria, udito, tatto. Tatto perché potevi sentirla sulla pelle, quella melodia, attraversare i reticoli del corpo e spingersi fino alla mente, per chiamare ricordi, passati, ideali, vissuti. Ma quant'è bella: "Quella cultura resistente e popolare" che non vuole morire mai e che abita nella terra dei lupi. L'Irpinia diventa quasi una donna, un sacro corpo che si rinnova nella dualità di madre e matrigna, capace di far innamorare: quella che per sempre ci ha "fatturati".
Il brano è stato registrato e mixato nel maggio 2023 presso il @marekastudio, con la partecipazione di musicisti eccellenti:
Luca Roseto al sax soprano
Marco de Tilla al basso
Roberto Paudice alla chitarra elettrica
Gabriel Ambrosone alla fisarmonica
Lorenzo Petruzziello alla batteria
La voce e la chitarra classica sono di Schustèr, mentre la regia del videoclip è firmata da Luigi Cuomo e Alessandro Guerriero, capaci di accompagnare con grazia e sensibilità la narrazione visiva della canzone.
🎥 Guarda il video ufficiale di “Irpinia Mon Amour” su YouTube 👉Clicca qui
Allora si comprende che Schustèr non è un nome nuovo, ma un nuovo modo di dire, raccontarsi, esistere. È la voce di chi non ha mai smesso di cercare una coerenza profonda tra musica e vita, in un tempo in cui l’arte spesso si consuma in fretta, la proposta musicale di Massimo Vietri è un invito (senza contropartita) alla lentezza, all’ascolto vero, alla riscoperta del legame con quelle zolle dove affondano le nostre origini, soprattutto a quella cultura contadina che non si dovrebbe mai rinnegare. L'artista irpino ci consegna un’opera che fa della sincerità direttrice, e del coraggio spinta a non fermarsi, ed ogni nota, la vedi, la senti, ti prende per mano e ti porta verso casa...
In quel "Vieni cu me...", in quell'incipit immediato e attrattivo, si apre un mondo da scoprire. Basta bussare e l'Irpinia "apre a porta", mentre in lontananza senti l'ululato dei lupi che non fanno paura ma richiamano devozioni ancestrali e senza tempo...tra "Janare e altre figure del mito, della tradizione, compresa la Dea Mephite, che questa terra "benedice".